Corriere della Sera – 5 Agosto 2005
«Saremmo ancora in tempo a salvare il pianeta ma occorre una presa di coscienza da parte di tutti». Lo sguardo di Margherita Hack rivolto alla Terra, il nostro «astro» protagonista del primo volume della «Piccola enciclopedia delle curiosità scientifiche», la nuova iniziativa del «Corriere» in collaborazione con «Focus». In edicola ogni venerdì, da oggi per 4 settimane Quanto vivrà ancora la nostra Terra? È questa una domanda che mi sento fare sempre più spesso. Quanto i vari tipi di inquinamento permetteranno la sua e la nostra sopravvivenza?
L’unica cosa certa è che la nostra Terra finirà fra circa 5miliardi di anni inghiottita o per lo meno carbonizzata dal Sole. Infatti il Sole, esaurito il suo combustibile nucleare idrogeno che lo ha fatto risplendere in modo costante per 10 miliardi di anni, inizierà la fase finale della sua vita, che lo porterà a diventare una «gigante rossa». Il suo raggio aumenterà di quasi 200 volte e la sua superficie lambirà l’orbita della Terra, dopo avere inghiottito Mercurio e Venere. Ma molto prima di allora le condizioni sulla Terra e quelle degli esseri viventi potranno peggiorare drasticamente per colpa dell’uomo, almeno se non ci si deciderà ad affrontare seriamente il problema.
I due tipi di inquinamento più vistosi sono l’inquinamento dell’atmosfera ad opera dei cosiddetti gas «serra», soprattutto anidride carbonica e metano, e l’inquinamento luminoso. Il primo rende l’atmosfera maggiormente assorbente della radiazione infrarossa, lo stesso meccanismo che si verifica nelle serre. La luce solare penetra liberamente attraverso l’atmosfera, riscalda il terreno che riemette calore, cioè radiazione infrarossa. Ma poiché l’atmosfera sta diventando sempre più opaca all’infrarosso, questa radiazione resta intrappolata e contribuisce a fare aumentare la temperatura media del pianeta. È un dato certo che la temperatura media (misurata cioè sempre negli stessi luoghi campione e alle stesse date prefissate nel corso dell’anno) dal 1950 al 2000 è aumentata da 13,90 a 14,70 gradi centigradi. Sembra poca cosa ma è stata sufficiente a causare il consistente ritiro dei ghiacciai, a far morire molte barriere coralline e a dar luogo alla dilatazione termica degli oceani, con innalzamento del loro livello e invasione dei nostri mari da parte di specie di pesci tropicali.
Molti scienziati hanno tentato di calcolare gli effetti per i prossimi cinquanta o cento anni. Non è un calcolo facile perché l’atmosfera è un organismo molto complesso e bisogna fare delle approssimazioni sia di carattere fisico, attraverso un modello semplificato di atmosfera, sia di carattere matematico. A seconda delle varie approssimazioni e modelli, le stime prevedono che fra un secolo il livello degli oceani potrà innalzarsi da 10 centimetri a un metro e la temperatura media da 2-3 a 10 gradi. Il clima cambierà profondamente, l’Europa meridionale diventerà più arida, l’Europa settentrionale più calda e umida.
Anche la diminuzione dello strato di ozono (una molecola composta da tre atomi di ossigeno, a differenza della molecola di ossigeno che respiriamo, composta da due atomi), che è un po’ rallentata in questi ultimi anni, presenta gravi pericoli. Questo strato si trova a un’altezza di circa 30 chilometri nella stratosfera e si forma sotto l’azione della radiazione ultravioletta solare. Questa scompone la molecola di ossigeno e si forma così un miscuglio di atomi liberi e di molecole di ossigeno, che si combinano a formare l’ozono. Se però la stratosfera è inquinata da atomi di cloro questo, che presenta grande affinità con l’ossigeno, si combina con gli atomi liberi riducendo così la possibilità dell’ossigeno molecolare di formare ozono. Un solo atomo di cloro può distruggere centomila molecole di ozono. Poiché l’ozono assorbe efficacemente la radiazione ultravioletta solare, letale per gli esseri viventi, la rarefazione di questo strato protettivo può rappresentare un grave pericolo. Si calcola che anche sospendendo completamente l’immissione di cloro nell’atmosfera, occorrerebbe circa un secolo per ripristinare lo spessore originale.
L’inquinamento luminoso sembra meno temibile, però le luci artificiali che rischiarano le nostre notti impediscono quasi completamente di vedere il cielo, la gente non sa più distinguere le stelle dai pianeti, spesso scambia Venere o Giove, i due corpi più splendenti dopo la Luna, per degli UFO, nessuno conosce più le costellazioni più caratteristiche e nemmeno quell’Orsa minore che per secoli è stata la guida dei naviganti. Questo cielo perennemente chiaro, oltre a far dimenticare tutta una cultura popolare vecchia di secoli, è dannoso per molte specie animali, in particolare gli uccelli, e contribuisce, insieme all’inquinamento da disinfestanti, a ridurre quella grande ricchezza rappresentata dalla biodiversità e dall’equilibrio biologico che essa comporta. Già Pasolini lamentava la scomparsa delle lucciole: una volta nelle notti d’estate sembrava di camminare immersi nella Via lattea; oggi nei boschi se ne può ancora contare qualcuna brillare qua e là. Le farfalle sono quasi scomparse, e così le lucertole, le mosche sono un ricordo del passato ma purtroppo resistono le zanzare. Anche le rondini sono molto più rare, sia perché gli insetticidi hanno fatto scomparire il loro principale alimento, sia perché le moderne abitazioni non offrono più quelle travi di legno sottotetto dove attaccavano i loro nidi.
Si aggiungano gli interessi dei costruttori di armi e accessori per la caccia, l’arroganza di una sparuta minoranza come quella dei cacciatori e la miopia complice di molte amministrazioni locali che varano leggi in deroga per la caccia a specie protette, mantenendo un cosiddetto «sport» che è solo licenza per pochi di uccidere un bene che è di tutti, quale la fauna selvatica, uno «sport» da vigliacchi che infieriscono contro animali il cui habitat è sempre più ridotto o distrutto dall’incuria umana.
Risorse naturali che sembravano inesauribili sono state gravemente intaccate. Dall’inizio del XX secolo le riserve di petrolio sono state dimezzate, l’acqua comincia a scarseggiare. Lo squilibrio fra Paesi industrializzati e Paesi eufemisticamente detti in via di sviluppo è tragico: il 20% della popolazione mondiale consuma l’80% delle risorse. Anche se i progressi della tecnologia hanno aumentato enormemente la produttività dei terreni coltivati, altri problemi sono rappresentati dalla penuria di acqua. Le falde acquifere si stanno abbassando su tutti i continenti. In conclusione, saremmo ancora in tempo a salvare il pianeta, ma occorre la coscienza da parte di tutti i governi e dei singoli individui della gravità della situazione e più rispetto per le future generazioni.
Margherita Hack