ROMA – Rischiamo di rimanere senza stelle. Eppure nel 1992 …

Il Messaggero – Martedì 7 Ottobre 2003
ROMA – Rischiamo di rimanere senza stelle. Eppure nel 1992 l’Unesco ha dichiarato il cielo stellato patrimonio mondiale. Ma le stelle visibili a occhio nudo dalle aree urbane si sono ridotte a 240, rispetto alle 6.000-7.000 del passato. È in aumento la luce dispersa verso il cielo e quindi di impossibilità crescente di osservare il cielo notturno.
I dati raccolti ad esempio dall’Osservatorio di Arretri indicano che la visione della volta celeste scomparirà progressivamente e verso il 2020 in nessun luogo del territorio italiano sarà più possibile vedere le stelle.
Per combattere questa nuova forma di inquinamento che interessa ambiente, fauna, salute umana, si sono costituite associazioni e gruppi che uniscono scienziati, studiosi, cittadini “amanti delle stelle”.
Sabato 25 ottobre si terrà la decima edizione della Giornata nazionale sull’inquinamento luminoso durante la quale Osservatori e Planetari apriranno le porte per mettere le loro apparecchiature a disposizione del pubblico.
Secondo dati forniti dall’Enel, nel 1997, per la sola illuminazione pubblica, sono stati impiegati qualcosa come 4.800 milioni di kWh. Questo valore sarebbe aumentato di circa il 5 per cento l’anno e, ad esso, va aggiunto un 30 per cento circa per l’illuminazione esterna privata di qualsiasi tipo. Ogni anno e il trend è in crescita, vengono utilizzati oltre 7 mila milioni di kWh per illuminare strade, monumenti e quant’altro. E almeno il 30-35 per cento di questa energia viene inviato direttamente verso il cielo producendo un doppio effetto inquinante: circa 1.200.000 tonnellate di anidride carbonica e la scomparsa artificiale del cielo stellato.
Un impulso alla lotta all’inquinamento luminoso sta venendo dalle regioni: la Regione Marche è scesa in campo in questi giorni con un provvedimento che attribuisce alla Regione le competenze in materia di predisposizione e adozione di un regolamento di riduzione e prevenzione dell’inquinamento luminoso; la tenuta e l’aggiornamento dell’elenco degli osservatori astronomici e astrofisici e l’individuazione delle zone da sottoporre a particolare protezione; la concessione di contributi ai comuni, per l’adeguamento degli impianti pubblici di illuminazione esterna esistenti ai criteri tecnici previsti dalla normativa vigente in materia; la divulgazione delle problematiche e della disciplina relativa alla riduzione e prevenzione dell’inquinamento luminoso.
Spetta invece ai comuni l’attuazione concreta e operativa del provvedimento attraverso l’adeguamento della progettazione, installazione e gestione degli impianti di illuminazione, la vigilanza sul rispetto delle misure stabilite per gli impianti di illuminazione esterna, l’eventuale applicazione delle sanzioni amministrative, la verifica di conformità dei nuovi impianti l’individuazione ed il costante monitoraggio dei siti e delle sorgenti di grande inquinamento luminoso sulle quali realizzare interventi di bonifica e l’individuazione, tramite i comandi di polizia municipale, degli apparecchi di illuminazione pericolosi per la viabilità stradale ed autostradale.
La legge delle Marche segue il cammino già percorso dalla Lombardia, con la Legge n.17 del 23/02/00, con le misure urgenti in tema di risparmio energetico ad uso di illuminazione esterna e di lotta all’inquinamento luminoso, considerata il “provvedimento guida”. Il Veneto è stato una delle prime regioni a dotarsi di una sua legge in materia, la n.22 del 27 giugno 1997, cui sono seguite quella della Toscana redatta dal Coordinamento delle Associazioni Astrofili della Toscana (e da quella della Regione Piemonte, oggetto di critiche da parte delle organizzazioni per la protezione del cielo notturno e da alcune organizzazioni di area ambientale che la considerano troppo permissiva. La Legge della valle d’Aosta n.17 del 28 aprile 1998, estende il campo di applicazione a misure per la tutela della fauna e dell’avifauna notturna.

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