Un progetto per nuovi impianti di risalita nell’area protetta, senza valutazione d’impatto
Il Manifesto – giovedì 27 febbraio 2003
articolo a firma di LAURA GENGA
Cemento sul Parco nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga. La minaccia arriva direttamente dalla regione Abruzzo che, forse con il miraggio di nuova occupazione, progetta nuovi impianti sciistici sul Gran Sasso. Così il Parco, e in particolare Campo Imperatore che è l’altopiano carsico più esteso d’Europa, si trova al centro di un progetto per l’ampliamento degli impianti di risalita pur essendo sotto un vincolo di massima tutela ambientale.
Il piano, a cui la regione Abruzzo lavora dal 1995, prevede almeno 7.200 metri di nuove piste, 7 nuovi impanti di risalita, oltre 30.000 metri cubi di nuovi insediamenti per scopi turistici e residenziali e circa 5.000 metri cubi di rifugi e aree di ristoro. Dal 1995 a oggi il progetto ha subito anche dei peggioramenti: rispetto a otto anni fa oggi sono aumentati gli insediamenti, si edifica anche sulla piana di Campo Imperatore e sulle sue pendici e le previsioni sono diventate sempre più generiche. Tanto che non si conosce più né il numero, né la localizzaione delle piste e degli impianti previsti. E tutto in un’area in cui è espressamente vietata la realizzazione di nuovi impianti e la modifica del regime delle acque. Le specie e gli habitat del Gran Sasso sono infatti sotto la tutela delle Direttive europee habitat e uccelli. Direttive recepite dall’Italia e sulla cui base l’Unione europea sta costruendo la sua Rete natura 2000 per la conservazione della natura e della fauna.
Nonostante vada contro la normativa in vigore, è proprio questo il progetto che la regione ha presentato all’Ente parco chiedendone l’approvazione, per poter arrivare alla prossima conferenza dei servizi regionale con il piano già promosso.
Intanto per oggi si attende una decisione dal Consiglio direttivo del Parco. Wwf e Italia nostra, preoccupate dall’impatto ambientale, chiedono al Consiglio di non approvare il progetto, e per questo hanno inviato una diffida ai consiglieri e hanno attivato sul proprio sito una petizione in difesa del Gran Sasso. «Un vero e proprio `saccò di uno dei luoghi più belli d’Europa – accusano le due associazioni – il progetto della regione determinerebbe la fine della stessa idea di tutela del patrimonio naturale che dovrebbe contraddistinguere un Parco nazionale come quello del Gran Sasso-Monti della Laga».
La regione, denunciano Wwf e Italia nostra, non ha predisposto alcuna valutazione dell’incidenza del progetto, studio che è obbligatorio per i siti a protezione speciale. E mancando la valutazione d’incidenza l’Abruzzo sta seguendo un iter procedurale illegittimo. Ma non c’è da allarmarsi: dalla regione fanno sapere che la valutazione di incidenza la realizzeranno «in seguito». Andando avanti per la sua strada, la regione garantirebbe all’Italia l’apertura della settima (solo per quanto riguarda l’Abruzzo) procedura di infrazione da parte della Ue. E la prospettiva non alletta nemmeno il ministro per l’ambiente Altero Matteoli, che a febbraio ha richiamato l’Abruzzo proprio per le mancate valutazioni d’incidenza.
Alla fine, l’unico studio sull’impatto ambientale che avrebbero le nuove opere l’hanno fatto le due associazioni ambientaliste. E il risultato è allarmante. La cementificazione di Campo Imperatore rischia infatti di comprometterne definitivamente sia gli habitat che le specie protette; aquile reali, camosci, gracchi corallini, lupi e vegetazioni erbacee tipiche dell’Abruzzo sono tutti in pericolo. Oltretutto, il Parco è una delle zone della penisola con il minor inquinamento luminoso, ma con le nuove costruzioni perderebbe anche questa caratteristica. E addio notti stellate.
E tutto questo per un impianto sciistico che non si presenta né competitivo né redditizio. Il Gran Sasso, attirando le correnti dell’Adriatico, è spesso battutto da venti forti che causano la chiusura degli impianti; è soggetto a cambiamenti di tempo repentini, spesso è immerso nella nebbia e le piste non sono particolarmente lunghe. Sarà sicuramente per questi motivi che la società proprietaria dell’impianto, la spa Centro turistico l’Aquila, di proprietà del comune, ha chiuso l’ultimo bilancio con un buco di 1miliardo e 300 milioni di vecchie lire, nonostante ne avesse ricevute 1 miliardo e 400 milioni dalla regione e dal comune.