Inquinamento luminoso a Milano: lettera al Corriere

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera al Corriere della Sera che la nota testata milanese ha ritenuto non meritevole di pubblicazione.

 

Milano, 8 novembre 2017

Nell’inserto Milano del Corriere della Sera di lunedì 6 novembre si è parlato di mega poster come mezzo utile per affrontare le spese condominiali straordinarie in modo vantaggioso. Il senso che vi si leggeva era in poche parole questo: hai una facciata da ripristinare? Ospita un mega poster illuminato e potrai coprire in modo consistente le tue spese di ristrutturazione. Nessun accenno agli effetti collaterali.

D’altra parte, cosa ci può essere di negativo nell’esporre in facciata un bel quadro luminoso acceso dal crepuscolo fino a notte fonda? Dopotutto non ci stiamo forse lamentando che la città è insicura e buia? Milano è una metropoli internazionale e non vogliamo che rimanga “in ombra” rispetto alle città più famose. E poi c’è l’aspetto economico: più pubblicità, più soldi, più benessere. Se non funziona più il manifatturiero, puntiamo su altre fonti di guadagno, anche luminose, se occorre.

Quando si parla di mega poster, l’immagine che se ne ricava è sempre di qualcosa di positivo, di allegro, di moderno. Lo sguardo si posa sull’immagine luminosa stradale come quello di un bambino affascinato dalle luci del luna park. Il mega poster è assimilato al televisore acceso in salotto. La luce è bella e buona, la luce illumina gli alberi a Natale e i paesi nelle sagre: centinaia di lampadine accese a regalare il calore e la sicurezza di casa.

Purtroppo però le cose non stanno così. Non sono più le lampadine a luccicare dalle finestre. Oggi, anche grazie alla tecnologia Led, la luce è diventata bianca, forte, brillante e abbagliante e siccome è anche molto economica, sta inondando intere piazze e strade a costi irrisori rispetto al passato. Con i Led abbiamo finalmente il mezzo per illuminare risparmiando energia. Abbiamo trovato la quadratura del cerchio.

Messi a tacere i piagnoni del risparmio energetico, tutti si sentono autorizzati a spandere luce per l’intera città senza sensi di colpa. Su un numero sempre crescente di palazzi, ponti, chiese e monumenti si alzano strutture metalliche temporanee e definitive che partono da diciotto metri quadri per allargarsi fino a coprire intere facciate, senza alcuna differenza per la distanza che le separa dagli edifici antistanti.

Se, da un lato, proprietari immobiliari, agenzie pubblicitarie e comuni traggono profitti, dall’altro, sempre più cittadini assistono inermi alla distruzione del loro panorama notturno. Nel migliore dei casi si tratta di sopportare la sparizione delle stelle, ma per lo più la luce è intrusiva: supera i vetri delle finestre, entra nelle case, disegna figure colorate sui muri di camere, camerette e salotti, cancella le luci di casa cambiando ambienti e atmosfere.

Chi si occupa di inquinamento luminoso sta ricevendo sempre più richieste di aiuto da milanesi costretti, in questi primi giorni di autunno, a tenere abbassate le tapparelle dalle 17.00 a notte inoltrata. Nelle ultime estati alcuni non hanno avuto nemmeno il beneficio di dormire con il fresco della notte se non coprendosi gli occhi per avere quel buio di cui tutti abbiamo bisogno.

Nelle richieste, però, le vittime sembrano quasi scusarsi per il disagio provato, come fosse un loro limite. Perché, quando a entrare illegalmente nelle case è la luce, la gente sembra non percepire la violenza subita e non pensa a se stessa come vittima di un illecito atto di inquinamento. Se dai mega poster emanasse cattivo odore o un rumore fastidioso ci sarebbe la sollevazione generale, si muoverebbero interi quartieri.

Eppure anche la luce è dannosa, come il rumore o l’odore. La luce è radiazione. Senza arrivare ai grandi rischi segnalati da certi studi scientifici, possiamo già dire che nelle città aumenta il consumo di melatonina da parte di chi dichiara di non riuscire più a ritrovare il ritmo naturale del sonno e della veglia. La medicina ci dice che gli ormoni che regolano questo ritmo sono due: quello della veglia si attiva all’arrivo della luce bianca dell’alba, quello del sonno, con il naturale buio della notte, proprio quel buio che ora ci viene negato.

Nei casi di inquinamento luminoso, come in tutti i casi di inquinamento, il primo aiuto dovrebbe arrivare dalle istituzioni e, in effetti, qualcosa è già stato fatto. Dal 2000 abbiamo finalmente una buona legislazione regionale che fissa i limiti e definisce le caratteristiche delle fonti luminose riducendo la propagazione della luce verso il cielo. I comuni della Lombardia hanno fatto proprie le disposizioni di legge regionali ed è anche per questo che a Milano le strade sono illuminate da lampioni con luce a cono e molti pannelli retroilluminati sono stati sostituiti da poster illuminati dall’alto con lampade coperte verso il cielo. Purtroppo però ancora troppo poco è stato fatto in materia di controllo e limitazione della luce intrusiva e dell’illuminazione di spazi impropri e non necessari.

Perché si fa così poco? Le perplessità sono molte. In caso di denuncia di inquinamento luminoso prodotto dai mega poster, il cittadino milanese è invitato a rivolgersi al Comune dove è stato istituito un apposito ufficio. Come si fa però a chiedere di intervenire su un caso di inquinamento luminoso se il primo contatto offerto è quello di un ufficio istituito dal comune che dall’inquinamento luminoso trae vantaggio economico attraverso l’imposta comunale sulle pubbliche affissioni?

Un’altra domanda: se chi lancia raggi luminosi verso il prossimo riceve un congruo compenso, non dovrebbe beneficiarne anche quel prossimo che i raggi assorbe e patisce per mesi o per sempre? Già, ma la luce non è forse un regalo contro la paura del buio?

Daniela Giacomelli

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