La Repubblica – 31/03/2003
Troppe luci in città. Ecco come ridurle e rivedere il cielo stellato
La Camera chiede all´Unesco di tutelare il cielo notturno come “patrimonio dell´umanità”: un modo per dichiarare guerra all´inquinamento luminoso
Più della metà degli italiani non vede la traccia luminescente della nostra galassia. La percentuale sale a 3 su 4 in Lombardia, Lazio, Campania Lampioni meglio costruiti e dislocati farebbero anche risparmiare: 250 milioni di euro e 430mila tonnellate di olio combustibile all´anno
ANTONIO CIANCIULLO
ROMA – E´ una forma di contaminazione sottile, subdola, che tende a sfuggire al radar del nostro allarme. Fino a pochi anni fa la stessa definizione «inquinamento luminoso» suonava come una forzatura perché per millenni il concetto di luce è stato associato a quello di calore, di sicurezza. Oggi però gli umori sono cambiati, anche perché la notte è cambiata. Da uno studio di Pierantonio Cinzano, presidente dell´Istituto di scienza e tecnologia dell´inquinamento luminoso, risulta che più della metà degli italiani non riesce a vedere la Via Lattea. In Lombardia, Lazio e Campania la percentuale sale a tre persone su quattro. I neon hanno rubato le stelle: alzando gli occhi non troviamo i punti di riferimento che per millenni hanno guidato gli esseri umani.
Le foto notturne da satellite dell´Europa e del Nord America rivelano una macchia bianca pulsante che copre quasi l´intero territorio. Con una popolazione mondiale che in due secoli si è moltiplicata per sei concentrandosi per metà nelle città, la luce artificiale da eccezione si è trasformata in regola invadente. Una mutazione che secondo gli esperti ha riflessi negativi sul sonno e sull´umore. E´ nato così un ripensamento che ha portato alla nascita del movimento per i parchi delle stelle. E in Parlamento si sono accumulati cinque disegni di legge mirati ad evitare gli sprechi luminosi e gli eccessi come i fasci roteanti, riflettori da guerre stellari che sparano luce in cielo per calamitare verso una pizzeria o una discoteca clienti trattati come falene.
Il 12 marzo questo pressing ha portato la Camera ad approvare una mozione che impegna il governo a proporre all´Unesco, sulla falsariga di quanto è stato fatto per l´Antartide, d´inserire il cielo notturno tra i beni da tutelare come patrimonio dell´umanità. Nel testo si precisa che «il 90 per cento della popolazione europea e americana vede il cielo notturno con pochissime stelle e tonalità giallo-arancione, una nebbia luminosa causata da luce eccessiva e mal direzionata, con danni ambientali, sociali, culturali, scientifici, emotivi e sprechi energetici ed economici». E si aggiunge che «una seria lotta all´inutile dispersione di luce verso il cielo stellato comporta anche indubbi vantaggi in ordine alla riduzione dei consumi energetici, auspicata e richiesta dal protocollo di Kyoto per contenere l´emissione di gas serra».
«In questo momento le luci che squarciano il cielo dell´Iraq sottolineano una forma di aggressione alla società e all´ambiente molto più drammatica di quella che avevamo in mente discutendo la mozione», aggiunge Valerio Calzolaio, ex sottosegretario all´Ambiente e primo firmatario dell´appello all´Unesco. «Ma l´alterazione del cielo notturno è sempre un fenomeno insidioso: cresce del 10 per cento l´anno e impedisce alle generazioni presenti e future di godere la vista delle stelle e di studiarle. I regolamenti contro l´inquinamento luminoso incentivati da nove Regioni dimostrano che un´azione è possibile».
Non si tratta di spegnere le luci, ma di utilizzarle meglio. Oggi i lampioni disperdono verso l´alto il 30 per cento della luce, mentre si potrebbero installare piccoli fari sotto i tetti puntandoli verso la strada e luci semiradenti applicate alle pareti delle case: si otterrebbe così un´illuminazione mirata, che farebbe risaltare meglio i palazzi e i marciapiedi.
Inoltre con le nuove tecnologie anti spreco diminuirebbero notevolmente sia la spesa che l´inquinamento atmosferico. Da un calcolo fatto dalla Legambiente risulta che riducendo l´inquinamento luminoso delle città italiane si otterrebbe una pioggia di vantaggi: 250 milioni di euro risparmiati, 430 mila tonnellate di olio combustibile non bruciate, 1,35 milioni di tonnellate di anidride carbonica (il principale gas serra) evitate, 1.48 milioni di tonnellate di ossigeno non consumati.