La Stampa: lettere al giornale

La Stampa – 4/2/2003

Quel faro distruggerà le bellezze non solo di Moasca (AT) Questa volta proprio non riesco a stare zitto, o a far finta di niente. Quindi grido anch’io, e supplico, e imploro: architetto Cavagnino, sindaco Ghignone, non costruite il maledetto faro di Moasca! Non macchiatevi con un’operazione che a dispetto di tutti i paludamenti culturali con cui avete voluto ammantarla minaccia di rivelarsi un irrimediabile scempio edilizio e paesaggistico! L’ho visto, il progetto che intendete realizzare: un torracchione a tronco di cono, ben munito di oblò come una lavatrice multipiano, che deborderà come un’escrescenza parassita dai tetti del sobrio e dignitoso municipio ottocentesco, inserendosi con arrogante e chiassosa protervia tra un castello medievale, due chiese barocche, uno svelto campanile ed un pugno di case senza tempo. L’effetto? Un’astronave aliena atterrata nella sky-line di un paese miracolosamente ancora indenne dalle brutture che hanno compromesso tutti i centri abitati circostanti, nel profilo di colline ancora belle nonostante le devastazioni che le stanno uccidendo un pò ogni giorno. Un’astronave aliena che, ciliegina sulla torta, dispenserà perpetue sciabolate di luce da discoteca nelle notti astigiane già sconvolte da un inquinamento luminoso senza rimedio e senza controllo. Porta a questo «…l’elaborazione dei concetti di territorio e tradizione», tanto per usare le parole dell’architetto Cavagnino? Porta a questo la «consapevolezza delle proprie radici..»?, la «..testimonianza di un passato che deve essere conosciuto e ricordato..»? Porta qui la poesia di Paolo Conte e di Bruno Lauzi, di Pavese e di Fenoglio, incautamente tirati in ballo? Mi rifiuto di crederlo. Mi rifiuto di credere che un Comune cui stanno nobilmente a cuore le sorti dello Strillozzo e dei gelsi, dei «..vini pregiatissimi..» e della «..tradizione e cultura di questa parte di Piemonte..», voglia commettere il crimine più grave: voglia cioè, lui stesso che ne è preposto alla tutela ed alla salvaguardia, assassinare il genius loci che ancora oggi lo caratterizza. E inorridisco a pensare che questo misfatto sarà condotto con i fondi pubblici dei contribuenti europei, e con la benedizione di altri enti istituzionali. Un’iniziativa bella ed importante come la realizzazione di una biblioteca internazionale dedicata al vino può e deve essere fatta in forme e strutture rispettose di quello che la nostra terra è veramente, senza bisogno di privilegiare improbabili suggestioni marinaresche, senza bisogno di scomodare la fantomatica «via del sale» sulla quale, da qualche decina d’anni, si sono auto-collocati tutti i comuni tra il Po ed il mar Ligure. Soprattutto senza distruggere irrimediabilmente gli ultimi scampoli della risorsa più grande e più fragile di cui disponiamo, e cioè la bellezza tranquilla che i nostri vecchi avevano saputo creare su questi bricchi, e che noi continuiamo impunemente a compromettere. Se veramente Moasca intende essere «un’isola tra le colline» come recitano i suoi slogan turistici, lo sia difendendo ad oltranza il suo territorio dal mare di brutture che la circonda da ogni lato. Costruendo il maledetto faro, anche Moasca ne sarà sommersa, con buona pace dello strillozzo. E dei gelsi.

Gianluigi Bera

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