Il Cielo sopra Torino

Dal quotidiano LA STAMPA del 7 giugno 2002

Oggi da un balcone di città, ad occhio nudo possiamo scorgere un centinaio di stelle: cinquant´anni fa ne scorgevamo un migliaio
Un pò meno buio e un pò più vuoto. Così sarà il cielo tra qualche anno, senza stelle, rese invisibili da una fascia sempre più impenetrabile di inquinamento luminoso. Uno smog denso e benigno che rischia di far perdere alla vista degli uomini lo splendore della volta celeste.
Dagli Osservatori di tutto il mondo nei giorni scorsi gli astronomi hanno lanciato un appello all’Unesco e all’Onu per arginare un problema che ormai dilaga ovunque. Ed hanno chiesto che la notte stellata sia dichiarata patrimonio dell’Umanità e tutelata di conseguenza, al pari di una città con le sue opere architettoniche. Altrimenti, nel giro di vent’anni le costellazioni, la via lattea e tutti gli astri rischiano di essere cancellati in un panorama senza notte e senza stelle.
Così potrebbe essere anche il cielo sopra Torino. Ve la immaginate una passeggiata a Superga nel 2025 senza la compagnia del firmamento? All’Osservatorio astronomico di Pino Torinese sì, la immaginano proprio così.
«A Torino – dice l’astronomo Walter Ferreri – l’inquinamento luminoso cresce del dieci per cento l’anno. Oggi, ad occhio nudo, da un balcone in città si possono vedere solo un centinaio di stelle, le più luminose come Sirio, Arturo, Antares, Vega, Aldebaran, la stella Polare». Cinquant’anni fa se ne potevano vedere più di un migliaio.
«Se andiamo avanti di questo passo, tra vent’anni il nostro panorama sarà limitato a una decina». Ovviamente, sulla collina di Pino la situazione è migliore, ma anche per loro il problema negli ultimi tempi è diventato allarmante. «Da qui, senza telescopio, le stelle più deboli che riusciamo ad osservare sono circa quattro volte più brillanti di quelle che si potevano vedere negli anni Cinquanta» dice Ferreri. «Ancora oggi in una zona realmente buia si possono scrutare stelle meno brillanti di quattro volte rispetto a quelle che possiamo vedere noi». E più ci si avvicina alla città, meno lo spettacolo del cielo è ricco. «Da ragazzo, negli anni Sessanta, abitavo in borgo San Paolo e ricordo che si vedevano stelle che ora a fatica si riescono a scorgere da Pino». Un problema serio, che danneggia anche l’osservazione scientifica con i telescopi.
Già nel 1912 l’Osservatorio Astronomico posizionato sui tetti di Palazzo Madama fin dal 1822 ebbe bisogno di trasferirsi in collina per sfuggire i disturbi delle luci cittadine. Oggi il più potente telescopio in dotazione al centro di Pino, il riflettore REOSC, permette di vedere stelle ventimila volte più deboli di quelle visibili a occhio nudo. «Ma lenti e specchi raccolgono altrettanta luce indesiderata – spiega Ferreri – e lo studio da terra dei fenomeni celesti è molto disturbato». Vita ancora più difficile per il semplice appassionato con un telescopio casalingo. «Se non si sposta di qualche chilometro dalla città riesce a vedere stelle distanti centomila anni luce, ma gli sfuggono le galassie distanti milioni di anni luce, che in un luogo realmente buio sono accessibili con un semplice binocolo». E dire che quello luminoso sarebbe un inquinamento facile da debellare. Sotto accusa sono soprattutto le illuminazioni pubbliche, i potenti fari che accendono a giorno i monumenti e disperdono in alto una grande quantità di luce.
«Noi non chiediamo di ritornare al buio di cent’anni fa, ma una maggiore sensibilità nel realizzare una illuminazione più razionale, direzionata verso il basso». Oltre tutto, la diffusione impropria comporta anche uno spreco energetico. «é stato calcolato che in Italia si potrebbero risparmiare oltre duecento milioni di euro all’anno direzionando meglio e spegnendo qualche luce». E gli appassionati del cielo non rischierebbero di perdere l’altra metà del paesaggio, i bambini potrebbero alzare gli occhi con immutato stupore.

ROBERTO FIORI

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