Copia della lettera del CAAT, Coordinamento Associazioni Astrofile Toscane, per il convegno UAI-Sait di domenica 14-04 ad Erba. * * * * *
C.A.A.T.
Coordinamento della Associazioni Astrofile della Toscana
www.astrocaat.it – info@astrocaat.it
3/4/2002
Rammaricandoci di non poter essere presenti di persona per inderogabili impegni personali, ci affidiamo alla presente comunicazione per trasmettere un nostro intervento al Convegno UAI – Sait, di cui preghiamo di dare lettura in sede di dibattito.
Il CAAT si complimenta innanzi tutto per questa lodevole iniziativa che mette a contatto diretto il mondo dell’astronomia amatoriale con i professionisti del settore, alla ricerca di attività ed obiettivi comuni.
Se da una parte innumerevoli sono le iniziative nel campo della divulgazione delle scienze astronomiche che hanno visto uniti astrofili e astronomi, non possiamo tuttavia fare a meno di notare con rammarico che in più occasioni non si è verificata analoga collaborazione in un settore di fondamentale importanza per l’astronomia, ovvero la lotta all’inquinamento luminoso.
Non staremo qui ad elencare nuovamente le motivazioni che ci spingono ad impegnarci su questo fronte: la platea del Convegno conosce sicuramente a fondo la tematica in oggetto, e per le argomentazioni generali non potremmo far di meglio che rimandarvi all’eccelso articolo del Prof. Paolo Maffei sul numero di marzo della rivista “L’Astronomia”. La posizione del Prof. Maffei rappresenta per noi astrofili un punto di riferimento che vorremmo fosse preso ad esempio da un numero sempre maggiore di suoi colleghi.
Purtroppo, seguendo da vicino le attività delle associazioni impegnate a livello nazionale contro l’Inquinamento Luminoso, siamo venuti a conoscenza di vari episodi in cui in occasioni pubbliche (convegni, comunicati stampa) l’atteggiamento di astronomi professionisti è stato particolarmente blando nei confronti del problema, minimizzandolo e talora facendo mancare il dovuto appoggio agli iter di approvazione delle normative (le Leggi Regionali in particolar modo) tese a proteggere i nostri cieli.
Ci auguriamo che il delicato tema non sia liquidato da un certo ambiente con considerazioni superficiali del genere “tanto il telescopio lo abbiamo alle Canarie” !
Eppure ci è capitato di leggere affermazioni di questo genere fatte da esponenti di spicco del mondo professionistico:
(dal Corriere della Sera del 31/1/2002 – in riferimento all’illuminazione dei faraglioni di Capri)
“Il cielo di Capri è già abbondantemente inquinato dalle luci di Napoli. Se uno vuole rimirare il firmamento va in montagna, mica su un’isola. Basta con i fondamentalismi.”
Come già detto prima, non stiamo a ripercorrere le note motivazioni legate al risparmio energetico ed economico, al disturbo a flora e fauna e altro ancora.
Ci preme tuttavia sottolineare un aspetto inopinatamente ignorato da certe prese di posizione: il valore culturale dell’osservazione del cielo ed il rispetto per l’attività degli astrofili.
Le associazioni di astrofili svolgono un’intensissima attività di divulgazione, capillarmente distribuita sul territorio. Migliaia di studenti, turisti, semplici appassionati partecipano alle iniziative di “astronomia in piazza” o presso gli osservatori astronomici amatoriali, anche in aree afflitte da inquinamento luminoso. In un panorama così desolante per la cultura scientifica, in un Paese invaso dagli oroscopi e dai santoni televisivi, vogliamo sottovalutare il ruolo della divulgazione ad opera dei non professionisti? Non pensate che la promozione delle scienze astronomiche presso i giovani a lungo termine non possa giovare anche ai professionisti, magari incoraggiando qualche volenteroso studente a proseguire il proprio percorso formativo negli studi universitari presso le facoltà di astronomia e fisica?
E non si pensa al sacrificio di astrofili che hanno impiegato talora decenni ad erigere osservatori amatoriali? E se non facciamo approvare una normativa che salvaguardi tali strutture, come potremo proseguire una decente attività di ricerca, di divulgazione e di didattica?
Chi, come molti di noi, vive in aree densamente abitate ed industrializzate – come certe zone costiere e del Valdarno (come tra le provincie di Pisa, Livorno, Lucca, Firenze, giusto per fare un esempio toscano)- dove dovrebbe trasferire il proprio osservatorio …… sul crinale appenninico al confine con l’Emilia-Romagna? O magari in Corsica ? E con quali risorse economiche?
E come potremmo proseguire la nostra attività se saremo costretti a coprire sempre maggiori distanze, togliendo ore preziose al nostro lavoro ed alla vita familiare. E come potremmo avvicinare gli alunni delle scuole elementari e medie inferiori delle nostre città di residenza, a quali abbiamo finora offerto varie opportunità di facile accesso per conoscere la volta celeste?
Si vuole forse trasformare l’astronomia amatoriale in un passatempo di elite, come la pesca d’altura e le regate transoceaniche? Vogliamo che diventi un’attività riservata ai pochi che vivono in aree isolate e in alta montagna, o ai privilegiati che non hanno problemi di tempo e disponibilità economiche per spostarsi in aree oscure e farsi ogni anno una vacanza sulle Ande alla ricerca di cieli incontaminati?
Non dimentichiamo infine che le attività di promozione delle normative regionali e le iniziative per far conoscere al grande pubblico il problema dell’inquinamento luminoso ricadono quasi interamente sulle spalle di astrofili che vi hanno spesso dedicato anni interi della propria attività di volontariato; e certi interventi pubblici di affermati professionisti, quali uno Zichichi su Famiglia Cristiana rischiano di vanificare e di screditare un lunghissimo e paziente lavoro svolto a titolo gratuito da astrofili appassionati.
Non vorremmo alla fine essere relegati al ruolo di “stralunati ambientalisti da strapazzo”, sorta di “lupi mannari” dediti più a fare i “guardoni del cielo” più che a occuparsi dei veri problemi del mondo.
Le decine di migliaia di persone che partecipano alle nostre iniziative pubbliche ci confermano invece che l’astronomia è una scienza apprezzatissima dal grande pubblico, che c’è richiesta di conoscenza e curiosità per esperienze “dal vivo”, e che il valore culturale della divulgazione astronomica è innegabile e di primissimo piano.
E se proprio qualcuno non condivide la politica di prevenzione dell’inquinamento luminoso, auspichiamo che quanto meno non la ostacoli con certe “esternazioni”.
Che poi determinate leggi regionali siamo più efficaci di altre, che le normative possano essere migliorate, che ci siano visioni diverse sui quali siano i metodi migliori per combatterlo, è nella logica delle cose ed è normale che sia così: ma esistono le sedi opportune per dibattere tali questioni. E’ superfluo sottolineare che mostrarci divisi in pubblico, vuoi sulla stampa, vuoi in convegni pubblici, magari di fronte ad installatori, illuminotecnici ed esponenti politici, è semplicemente autolesionistico, e non vediamo a chi, astrofilo o astronomo, potrebbe giovare un simile atteggiamento.
Auspichiamo quindi che in futuro ci sia un legame sempre più profondo tra la realtà dell’astronomia amatoriale e quella professionistica, uniti nell’obiettivo comune della salvaguardia della volta celeste nei suoi vari aspetti, dalla ricerca scientifica al più generale valore culturale nel campo della divulgazione scientifica.
Per il CAAT
Paolo Volpini (Coordinatore)
Alessandro Ghiandai ( responsabile commissione I.L. del CAAT e membro della CNIL – UAI)