Nuova risposta di Zichichi – 9 dicembre 2001

DAGLI ASTROFILI UN APPASSIONATO DIBATTITO A PROPOSITO DI INQUINAMENTO La pubblicazione dell’articolo del professor Antonino Zichichi sul tema dell”inquinamento luminoso (FC n. 43 del 28 ottobre) ha dato origine a un appassionato dibattito del quale sono testimonianza le numerose lettere giunte in redazione da parte di associazioni di astrofili, organizzazioni scientifiche come la Specola Vaticana e singoli lettori. Non potendo dar conto dettagliatamente di tutte le lettere, anche per la lunghezza di molte di esse, cerchiamo di riassumere noi le principali obiezioni mosse alle tesi del professor Zichichi, lasciandogli lo spazio per una replica. Nella convinzione che possa servire ad arricchire il dibattito e a chiarire i rispettivi punti di vista, per ricercare un terreno d’incontro tra le diverse posizioni. Aggiungiamo, infine, che il notevole interesse suscitato dal tema ci ha mossi a saperne di più su questo vasto mondo degli “studiosi e amanti del cielo”. Cosa che faremo, prossimamente, con un servizio.

D. – Il termine “inquinamento luminoso” – di cui il professor Zichichi contesta la definizione e l’abuso – è ormai ampiamente riportato nella letteratura scientifica internazionale ed evidenzia comunque, al di là dell’ interpretazione semantica, la gravità dei problemi legati allo spreco e alle disfunzioni dell’illuminazione artificiale.

R. – «Se tutto è inquinamento nulla può essere inquinamento. Non è vero che questo termine è adottato nella letteratura scientifica. Infatti, la letteratura scientifica riguarda lo studio della Logica del Creato di cui sono parte fondamentale le scoperte scientifiche. L’uso della Scienza – insegna Giovanni Paolo II – non è più Scienza ma tecnologia. La letteratura tecnologica però riguarda le scoperte fatte nelle applicazioni delle conquiste scientifiche. L’uso della tecnologia nella vita di tutti i giorni non è letteratura tecnologica, tanto meno scientifica. È letteratura relativa a problematiche ambientali che sono lungi dall’essere studiate con esperimenti di stampo galileiano. In questo tipo di letteratura – che non è scientifica – si fa uso improprio del termine “inquinamento”».

D. – Dati dell’Enea indicano che nelle nostre città dal 20 al 40 per cento dell’energia elettrica impiegata nell’illuminazione pubblica non illumina il suolo, ma viene diffusa verso l’alto, senza alcuna utilità. Tale spreco è valutato in un costo di 500 miliardi l’anno.

R. – «Quando si illumina una superficie è noto che buona parte della luce viene riflessa. Illuminare una strada inevitabilmente implica la riflessione di parte della luce verso l’alto. Lo spreco d’energia ha radici molto più profonde. Esempio: l’uso di energia elettrica per riscaldamento butta a mare il 70% del combustibile primario. L’illuminazione “verso l’alto” distrae l’attenzione del pubblico dagli sprechi d’energia di cui abbiamo parlato su Famiglia Cristiana n. 43».

D. – La produzione di energia elettrica è di per sé un’attività intrinsecamente inquinante a causa del consumo irreversibile di risorse non rinnovabili e a causa dell’inquinamento atmosferico o comunque dei danni ambientali che tale produzione comporta. Lo spreco di illuminazione è pertanto correlato a tale problema.

R. – «Lo spreco d’energia nella perdita per illuminazione riflessa è dieci volte inferiore a quella dell’uso termodinamico, come detto nella risposta precedente».

D. – È vero che la luce è una grande conquista scientifica, ma il parallelismo tra utilizzo della luce e grado di civiltà e di progresso di un Paese può essere fonte di confusione concettuale. Le popolazioni del terzo mondo non sono affamate e povere perché prive di luce, ma perché una parte minoritaria del pianeta da sola dispone di tre quarti delle risorse disponibili.

R. – «Le sacche di povertà e miseria sono là dove mancano le sorgenti d’ energia. L’indice del livello di vita legato alla quantità di energia “pro capite” è un dato inoppugnabile. Un miliardo di persone vive avendo a disposizione la corretta quantità d’energia. Noi abbiamo la fortuna di appartenere a questo miliardo. Cinque miliardi sono al di sotto della quantità indispensabile. Dovremmo aiutare questi nostri fratelli e sorelle ad avere più energia a loro disposizione; non togliendola al miliardo che finalmente ce l’ha fatta a superare le difficoltà esistenziali. Appena mezzo secolo fa l’Italia era sotto il livello considerato corretto; specialmente nel Sud e nelle Isole. Si potevano osservare le Stelle molto meglio che oggi. Ma si stava molto male. La città in cui vivevo era poco illuminata, interi quartieri erano al buio. La mia maestra ci disse di provare a scrivere lettere alle autorità. Il primo premio per la lettera più convincente affinché venissero dotati di luce anche i quartieri poveri fu attribuito a chi scrive. Allora si apprezzava moltissimo il valore della luce artificiale».

D. – L’indiscriminato uso di sorgenti luminose – oltre a toglierci il piacere di contemplare e studiare il cielo stellato – altera i cicli biologici della natura ed è fonte di scompensi nella vita di piante e animali.

R. – «I cicli biologici e gli scompensi causati dall’inquinamento di luce sono poca cosa rispetto ai disastri causati dall’industrializzazione selvaggia che distrugge tesori ambientali. Ancora oggi, nonostante i tremila laghi della Svezia avvelenati dalle piogge acide. Nonostante semipalatinsk, cento volte Cernobyl, di cui abbiamo parlato su Famiglia Cristiana n. 42.
Nonostante la “Città dello Zolfo”, un’area dell’ex Urss – vasta quanto mezzo Piemonte – dove i bambini dovevano andare a scuola usando le maschere antigas. E nonostante la distruzione del Lago di Aral, il cui volume d’acqua è oggi la metà di quello che era cinquant’anni fa. Queste “alterazioni” e questi “scompensi” causati dall’industrializzazione selvaggia sono i disastri contro cui la World Federation of Scientists combatte da oltre venti anni».

D. – Infine chiedere di limitare l’abuso e lo spreco di illuminazione, come si sta cercando di fare in molti paesi e in regioni italiane, non significa voler tornare alle caverne dell’età della pietra, ma gestire più correttamente le risorse naturali e le conquiste del progresso.

R. – «Gestire in maniera più corretta le risorse naturali è l’obiettivo su cui è impegnata da oltre venti anni la World Federation of Scientists. La nostra comunità scientifica è l’unica al mondo ad avere prodotto risultati concreti nella lotta contro le Emergenze planetarie, di cui quella legata allo spreco d’energia è una parte. Cari amici astrofili, abbiamo tutti a cuore la salute del nostro pianeta e siamo tutti impegnati a lottare contro i pericoli che ne minacciano la sopravvivenza. Le vostre energie e le vostre ricerche sono preziose in questa battaglia. Ma ciò non impedisce di chiarire i termini dei problemi per non cadere vittime di quello che il grande scienziato russo Kapitza chiamava “inquinamento culturale” e di cui l’abuso del termine “inquinamento” è una manifestazione».

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