Pro Natura Notiziario – Obiettivo Ambiente – Settembre 2005
Campagna sul risparmio energetico per la riduzione delle emissioni in atmosfera Recentemente la Comunità montana di valle Po ha deciso di illuminare di notte il Monviso
durante le Olimpiadi invernali del 2006;una generalizzata reazione dovrebbe bloccare
il progetto. Mentre ai più l’illuminazione di una montagna appare dispendiosa e inutile,
stenta a diventare consapevolezza diffusa che l’illuminazione eccessiva e senza regole
nei centri urbani produca inquinamento. Infatti, l’inquinamento luminoso rimane ai più
sconosciuto quando non ne sia negata la stessa realtà. Si tratta della «alterazione della
quantità naturale di illuminazione presente nell’ambiente notturno, quando in esso
viene immessa luce artificialmente, al di fuori degli spazi che è necessario illuminare
». La presenza di inquinamento luminoso rende il cielo notturno come una caligine lattiginosa
che somiglia ad un crepuscolo senza fine, senza che sia mai veramente buio.
Su città come Milano e Torino si formano vere e proprie «cupole di luce» visibili da distanze
di 200-250 chilometri. Le riprese fotografiche della terra dai satelliti artificiali
danno un’impressionante mappa dei continenti che risultano bianchi per l’illuminazione
nelle aree del mondo tecnologicamente avanzate.
Conseguenza diretta dell’inquinamento luminoso, che ai ritmi attuali raddoppia ogni
dieci anni, è la perdita di visibilità delle stelle. Già oggi la perdita è grave. La stella polare dalle principali città italiane, compresa Torino, ma anche da molte città più piccole,
è praticamente quasi invisibile. Scorgere la Via Lattea dai centri abitati è impossibile da
anni, anzi oltre la metà della popolazione italiana non può più ammirare la Via Lattea
neppure nelle notti più limpide.
L’inquinamento luminoso è legato all’ampliamento e al potenziamento degli impianti
di illuminazione esterna che negli ultimi decenni ha interessato soprattutto i paesi occidentali.
L’inquinamento ottico In Italia si è aumentata l’illuminazione stradale,
convinti di rendere più sicura la circolazione.
Per di più sulle strade giunge anche l’illuminazione di complessi commerciali e industriali, sottovalutando che impianti spesso diversi tra loro, proiettanti un’illuminazione non omogenea lungo una stessa strada, e lampade mal disposte provocano abbagliamenti, perdita di sensibilità del potere visivo, affievolimento dei contorni delle strade e perdita di capacità di rilevare la
profondità degli oggetti. In questo caso si parla di inquinamento ottico ancor più evidente in presenza di nebbia e umidità accentuata, per cui le lampade con luminosità eccessiva creano anche un contorno di luce diffusa che non può essere penetrato dai fari delle auto, con conseguenti difficoltà per chi guida. È inoltre il caso di ricordare come l’illuminazione stradale spesso è costituita da apparecchiature dotate di lampade di tipo diverso e di diversa potenza, per cui l’occhio è sollecitato a bruschi cambiamenti cui si adatta con diversi secondi, mentre l’auto intanto viaggia ad alta velocità proprio perché la strada è ben illuminata! Gli incidenti avvengono proprio per il senso errato di sicurezza indotto dall’illuminazione, e quando
avvengono in caso di scarsa illuminazione la colpa è spesso della mancanza di criterio di
pedoni che non indossano alcun segnalatore rifrangente che segnali la loro presenza e di
ciclisti che pedalano anche contromano con biciclette senza illuminazione.
Una sosta anche solo di pochi minuti nei parcheggi di alcune discoteche è un fattore
abbagliante che, una volta usciti, provoca l’impossibilità di avere una corretta visione
della strada per parecchi minuti. È l’effetto palcoscenico: l’attore non vede il pubblico,
ma gli spettatori vedono l’attore. Se l’attore inverte il ruolo, per alcuni minuti egli non
vede nulla. Una situazione analoga si riscontra negli svincoli autostradali e all’uscita
delle gallerie, che dovrebbero essere illuminate di giorno e non di notte, se non un minimo
per le emergenze. Anche i fari roteanti di discoteche, ristoranti e giostre sono fonti di
pericolo, distogliendo l’automobilista dalla concentrazione.
I malviventi girano alla larga da case o stabilimenti industriali illuminati da luci molto
potenti? Nessuna correlazione è stata dimostrata tra riduzione del crimine e livello di illuminazione; al contrario si è rilevata una crescita di vandalismo in parchi e aree rurali
dopo che erano state installate luci. Semmai, luci mal disposte e abbaglianti per lo stesso
proprietario creano una zona d’ombra in cui il delinquente può facilmente nascondersi.
Senza l’illuminazione che colpisce le facciate delle abitazioni, i furti notturni negli appartamenti non potrebbero avvenire: impossibile scalare i balconi al buio. In molti casi
si rivelano più utili fotocellule che scattano al passaggio di una persona, illuminando la
zona. Rimane poi una banale osservazione: a che cosa serve illuminare una zona, se essa
non è pattugliata dalle forze dell’ordine o se non si installano telecamere?
Sempre più numerosi sono i monumenti illuminati per tutta la notte o quasi, visibili a decine
di chilometri di distanza senza necessità.
Spesso gli edifici sono colpiti da orrendi impianti di illuminazione che appiattiscono
i contorni e deturpano opere non concepite per essere illuminate di notte. L’illuminazione
delle zone artistiche e dei centri storici deve essere effettuata con luci radenti
dall’alto verso il basso, e deve integrarsi con l’ambiente. Un esempio di corretta illuminazione
con luci sotto gronda dall’alto verso il basso si può osservare nel centro storico di
Avigliana, gli esempi di illuminazione non corretta non si contano tanto sono numerosi,
a partire dal capoluogo regionale che batte anche il non invidiabile primato della località
più inquinata e inquinante del Piemonte.
La luce dispersa verso l’alto illumina le particelle in sospensione nell’atmosfera, e crea
uno sfondo luminoso che nasconde la luce degli astri: astronomi e astrofili non riescono
più a sfruttare la piena potenza dei loro strumenti, e a poco a poco si priva a tutti la
possibilità di vedere il cielo stellato, che non è solo un patrimonio naturale da proteggere,
ma anche un mezzo per avvicinarci alla natura e alla cultura.
I danni agli ecosistemi L’alterazione dell’alternanza giorno-notte e la dispersione di luce artificiale nell’ambiente di notte può provocare danni irreversibili agli ecosistemi: riduzione della consistenza numerica delle popolazioni animali attratte dalle luci o la scomparsa di specie
per la difficoltà di vedere gli ostacoli o i pericoli dovuti alla circolazione; alterazione
del comportamento riproduttivo con il rischio della perdita del ciclo biologico di molti animali; alterazione del rapporto tra le prede e i predatori in particolare quelli notturni che non riescono a vedere le prede oppure si adattano alla nuova situazione cacciando di giorno; deviazioni dalle rotte dei migratori che si orientano con gli astri; riduzione della biomassa a causa degli spostamenti della microfauna attratta verso le città dove muore, lasciando senza cibo le specie rimaste nelle campagne; aumento dell’aggressività degli animali nei parchi; scompensi
nella vita dei vegetali verdi, quali anomala crescita in presenza di illuminazione eccessiva, prolungamento del periodo vegetativo oltre il suo normale termine con conseguente ritardato distacco delle foglie, diminuzione dell’efficienza fotosintetica delle foglie talora con perdita delle produzioni agricole.
Alcuni tipi di impianti di illuminazione surriscaldano l’ambiente, contribuendo ad avere estati sempre più calde e opprimenti. All’ozono prodotto dall’interazione tra gas emessi dalle autovetture e luce solare si aggiunge quello provocato dall’interazione con la luce notturna, in quanto lo spettro delle lampade rientra in quello solare.
L’illuminazione artificiale interferisce sul ciclo giorno-notte dell’uomo, alterando i tempi naturali di veglia-sonno. Una cattiva illuminazione può provocare mal di testa,
bruciori agli occhi, alterazioni dei ritmi circadiani fino a creare problemi psicofisici
gravi. Insonnia e disturbi del comportamento si manifestano negli abitanti di quartieri in
cui l’illuminazione pubblica rischiara anche l’interno delle abitazioni.
Sprechi e danni economici
La luce mal disposta costituisce un danno economico. I tre miliardi di dollari spesi per
il telescopio spaziale Hubble sarebbero stati sufficienti per costruire cento grandi osservatori
al suolo. Lo spreco energetico per la luce artificiale diretta verso l’alto e quindi inutile, negli Stati Uniti è stato calcolato in un miliardo di dollari all’anno. In Italia verso il 1998 è stato valutato in 700 miliardi di lire all’anno. Da allora si sono migliorati molti impianti ma nel frattempo è cresciuta l’illuminazione complessiva. Provvedere a minimizzare l’inquinamento luminoso significa risparmiare energia elettrica e, al momento, non bruciare petrolio con conseguente ridotta immissione nell’atmosfera di gas inquinanti, contribuendo altresì al raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto.
Il tema del risparmio energetico si intreccia anche con quello della qualità dell’illuminazione.
Le lampade che emettono solo in bande limitate possono essere filtrate dagli osservatori
astronomici limitando i danni e sono più economiche delle lampade che emettono su tutto lo spettro. Infatti, le lampade ad incandescenza producono 20 lumen per watt, quelle a vapori di mercurio 54, quelle al sodio ad alta pressione 125 e quelle al sodio a bassa pressione (che sono da preferirsi perché più facilmente filtrabili) ne producono 183. Queste ultime non consentono una buona percezione dei colori ma sono adeguate per l’illuminazione stradale, specialmente
fuori dei centri urbani. II Spegnete quelle luci, non ci vedo!
Don Ezio Fonio
Come evitare l’inquinamento luminoso
Evitare l’inquinamento luminoso si può, applicando agli impianti le seguenti regole
contemporaneamente, perché gli effetti dell’inquinamento si osservano a grandi distanze
e si sommano tra loro:
a) limitare al necessario i livelli di luminanza (o luminosità apparente) delle superfici;
b) utilizzare, se possibile, lampade a ridotto consumo energetico e a spettro di emissione
ristretto, come quelle al sodio a bassa pressione;
c) evitare la dispersione diretta di luce al di fuori delle aree da illuminare;
d) prevedere la possibilità di diminuire i livelli di luminanza negli orari in cui le caratteristiche di uso della superficie lo consentano,come nelle ore serali;
e) evitare di creare zone molto illuminate che spiazzano gli altri impianti rendendoli
inefficaci, anche se questi, considerati singolarmente, fossero più adeguati alle esigenze
di sicurezza e di circolazione.
In mancanza di una legge nazionale che regolamenti la materia, nonostante varie proposte presentate a partire dal 1996, molte regioni si sono dotate di apposite leggi, ma non tutte sono ispirate ai princìpi su esposti, Piemonte compreso. Per il momento rimane la buona volontà delle amministrazioni comunali, responsabili in ultima analisi della progettazione degli impianti, ma benché impianti di illuminazione anti-inquinamento siano disponibili sul mercato e convenienti economicamente molte amministrazioni li
ignorano, anche perché a volte le aziende che gestiscono gli impianti sono le stesse
che vendono elettricità, e quindi hanno interesse a tenere alti i consumi.
Al fine di spingere amministrazioni e cittadini ad adottare misure anti-inquinamento
luminoso e per promuovere una normativa adeguata, in Italia si sono attivate molte associazioni, tra cui Legambiente, Pro Natura, WWF e Italia Nostra, e nel 1999 si è costituita l’associazione Cielo Buio, consultabile sul sito www.cielobuio.org
Don Ezio Fonio