Il Giro d’Italia 2025, come in altre precedenti occasioni, invita i comuni che ospitano le tappe a celebrare il Giro illuminandosi di rosa. Si tratta di impianti temporanei che nella maggior parte illuminano dei monumenti o dei palazzi cittadini.
Vogliamo invece qui occuparci di qualche considerazione per le scelte del comune di Castelnovo ne’ Monti.
Qualche premessa: il comune è in provincia di Reggio Emilia, Regione Emilia Romagna. Tutto il territorio regionale è vincolato dalla normativa 19/2003 e successive direttive, la quale vieta l’utilizzo di illuminazione proveniente dal basso verso l’alto. La normativa prevede delle deroghe, principalmente per impianti temporanei che devono essere spenti entro la mezzanotte, ma prevede anche aree a protezione maggiore chiamate appunto «zone di particolare protezione» che sono le fasce di rispetto degli osservatori astronomici, i corridoi ecologici e le aree di natura 2000. La Pietra di Bismantova ricade sotto tutte queste zone di particolare protezione, facendo parte del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, essendo una ZPS di Natura 2000 e ricadendo ben sotto due fasce di particolare protezione di due osservatori astronomici certificati da ARPAE, l’agenzia regionale prevenzione ambiente. Nonostante tutti questi vincoli, è stata installata (anche se per uso temporaneo) una illuminazione che impatta lo strapiombo roccioso della montagna per la celebrazione del giro d’Italia a 100 giorni dalla tappa che vedrà passare la corsa ciclistica nel comune di Castelovo ne’ Monti.
Si possono quindi considerare quattro aspetti principali della vicenda:
1) istituzionali: il comune non è a conoscenza dei vincoli e concede l’installazione dell’impianto di illuminazione, anzi, come da questa intervista: https://www.gazzettadireggio.it/reggio/cronaca/2025/01/30/news/pietra-di-bismantova-in-rosa-per-il-giro-d-italia-1.100653957 viene evidenziato il fatto di essere stato l’unico comune coinvolto nell’iniziativa che ha illuminato un monumento naturale;
2) ambientale: la zona impattata è ad alta tutela ambientale, anche una sola notte di utilizzo dell’impianto può causare gravi danni alla fauna, dal momento che viene introdotta in modo diretto illuminazione artificiale che in natura non dovrebbe essere presente;
3) economico: ovviamente viene sprecata energia, solo per disperdere volontariamente luce in una area che non richiede illuminazione;
4) culturale: purtroppo, la maggior parte della cittadinanza reagisce con entusiasmo ad un evento di questo tipo; sembra positivo imporre antropizzazione a un luogo che non ne ha, e sfruttare questo luogo naturale illuminato come risorsa di visibilità, quando invece la sua naturalezza è stata deturpata. In secondo luogo, andar contro alle leggi e alle tutele esistenti “anche solo per un evento” non dovrebbe essere lecito, perchè potrebbe passare un messaggio di tollerabilità e una conseguente possibile imitazione futura, anche per installazioni non temporanee.
È fondamentale quindi lavorare sul piano culturale, divulgando ai cittadini le norme esistenti e i danni accertati che causa l’inquinamento luminoso, che come sappiamo sono molteplici.
Questo accade da decenni nelle nostre città, dove una illuminazione esagerata, mal orientata e con temperature di colore non adeguate alla tutela del ritmo circadiano, espone noi, e tutti i mammiferi in generale, ai rischi legati allo scompenso di produzione di melatonina. A maggior ragione quindi, illuminare anche zone naturali dove la luce artificiale non dovrebbe arrivare è assolutamente sbagliato. Storicamente non è nemmeno la prima volta che accade, ricordando ad esempio le molteplici croci di vetta illuminate sparse per l’Italia (quella del monte Amiata in primis); il progetto ciclico di illuminare il Monviso; il monte Cervino dal versante svizzero deturpato da fasci di luce ad altissima potenza che stagliavano sulla parete rocciosa la scritta HOPE. Il fine della Svizzera era dare un segno di speranza a chi guardava la sua montagna simbolo, ma illuminandolo in quel modo minava la sua naturalezza, un controsenso assurdo.
L’aspetto culturale da cambiare è proprio questo: tali illuminazioni vengono fatte passare come “messaggi di luce”, di “consapevolezza”, di “speranza”, quando invece allo stato pratico non sono altro che inutili e dannose. Possono magari risultare belle da vedere, ma una mente che ragiona dovrebbe saper cogliere la differenza tra una bellezza naturale e una bellezza imposta per mano antropica.