Studio scientifico di Andrea Roman La luce per la maggior parte dei sistemi biologici è un fattore vitale: tutte le forme di vita nella loro evoluzione non hanno potuto prescindere dall’esistenza della principale sorgente di luce per il nostro pianeta, il Sole. È quindi chiaro come l’alternarsi tra giorno e notte, tra luce e buio, sia un fattore fondamentale per la vita degli esseri viventi siano essi animali che piante. Nel momento in cui si altera questo equilibrio con l’irraggiamento di luce artificiale sugli ecosistemi in cui vivono e si riproducono gli esseri viventi, vi è il rischio molto concreto di creare dei danni irreversibili. Porterò ora alcuni esempi che chiarificano quale può essere l’interferenza tra luce artificiale ed ecosistemi.
Witherington (1992) ha studiato la risposta comportamentale delle tartarughe di mare nella deposizione delle uova (che avviene di notte) in presenza di luce artificiale. Egli ha condotto i propri studi su due specie di testuggini marine (Caretta Caretta o tartaruga verde e Chelonia Mydas o tartaruga di mare), le quali nidificano rispettivamente sulle spiagge di Melbourne Beach in Florida e Tortuguero in Costa Rica (peraltro Caretta Caretta è una tartaruga che possiamo incontrare anche lungo le nostre spiagge). Lo studioso ha selezionato un settore di spiaggia isolata, in ciascuno dei due luoghi, che presentasse condizioni di buio e fosse lontano da attività umane; qui vi ha effettuato esperimenti con condizioni di buio (di controllo), e di illuminazione prodotta da lampade ai vapori di mercurio ed al sodio a bassa pressione. I risultati ottenuti illustrati nei grafici della figura 1 (a sinistra Melbourne Beach, a destra Tortuguero), hanno evidenziato un influsso molto evidente della luce prodotta dalle lampade ai vapori di mercurio in un’area di 50 metri circa di raggio intorno al lampione (ogni divisione rappresenta la zona di influsso dei lampioni); qui il numero di tartarughe verdi e tartarughe marine che si annidano è significativamente ridotto rispetto a condizioni di buio; per ciò che riguarda l’illuminazione con lampade LPS la differenza rispetto alle condizioni di buio appare meno marcata. Inoltre riscontrò anche che diminuiva il numero di tartarughe che transitavano in prossimità dei lampioni senza annidarsi, e che nel ritorno verso l’oceano gli animali non seguivano il percorso usuale più diretto. Egli attribuì questi fenomeni al fatto che le radiazioni luminose emesse dalle lampade ai vapori di mercurio (e quindi anche da tutte quelle lampade che hanno emissioni spettrali ampie) interferivano con lo spettro di sensibilità visiva delle tartarughe, le quali confondevano le luci delle lampade con la luce diurna. È ovvio che la presenza di luce artificiale sulle spiagge di nidificazione sia una seria minaccia per la continuazione della specie stessa ed è necessario trovare alternative accettabili per evitarne la completa estinzione.
Quello dei lepidotteri è un altro ordine di animali che subisce un pesante effetto di disorientamento da parte delle luci artificiali: è dimostrato, infatti, che le falene impostano la loro rotta migratoria basandosi sulla Luna o su stelle particolarmente luminose; singole sorgenti luminose o addirittura concentrazione di luce artificiale di agglomerati urbani competono con le luci celesti disorientando e attraendo le falene; la conseguenza è la demolizione dello sciame migratorio e soprattutto la decimazione degli individui (con l’altissimo rischio dell’estinzione di intere specie) in quanto essi si vengono a trovare in ambienti inidonei alla loro vita.
Hausmann (1992) ha condotto uno studio in cui ha evidenziato che il numero di farfalle notturne uccise da lampade industriali in zone seminaturali del sud Italia, è notevolmente elevato.
Infine vorrei ricordare che anche quelle specie di uccelli che usano l’orientamento astronomico (come i alcuni passeriformi) nelle loro migrazioni notturne possono essere disturbati dalla presenza di fonti luminose artificiali.
È degno di nota il caso riscontrato alla periferia di Cagliari di un Falco pellegrino che appollaiato sui tralicci di una raffineria di petrolio, attendeva gli uccelli migratori notturni che venivano attratti da un potentissimo faro che illuminava a giorno gli impianti per motivi di sicurezza, disperdendo però una notevole quantità di luce verso l’alto.
La figura 2 riporta un articolo di giornale apparso sul Gazzettino di Venezia il 24 aprile 1997 in cui si denuncia il disturbo provocato dall’illuminazione del casello autostradale di Venezia-Mestre ad un gallo che canta durante la notte, impedendo il sonno del contadino a cui appartiene.
Esaminiamo ora alcuni disturbi arrecati dai lampioni stradali alla vegetazione.
I grafici della figura 3 rappresentano gli spettri di emissione delle principali lampade impiegate per l’illuminazione urbana a Padova, e gli spettri di assorbimento dei principali pigmenti fotosintetici; come si può vedere le lampade ad incandescenza ed al quarzo-iodio presentano delle ampie emissioni che interferiscono con le radiazioni assorbite dalle clorofille e dai fitocromi.
Già nel 1983 la dottoressa Casagrande ed il professor Giulini dell’Università di Padova evidenziarono che gli alberi dei viali cittadini che si trovavano in prossimità dei lampioni stradali avevano le chiome procombenti verso le sorgenti luminose in maniera vistosa. Proprio l’analisi degli spettri di emissione delle lampade comparata con quella degli spettri di assorbimento delle clorofille a,b e fitocromi, unitamente alle osservazioni sul campo, dimostrarono che il tipo di lampade che maggiormente influiscono sulle piante sono quelle ad incandescenza ed al quarzo-iodio.
Gli studi che abbiamo condotto (io, il professor Giulini, il professor Giacometti e il dottor Cinzano) presso il dipartimento di biologia dell’Università di Padova su due piante di Magnolia Grandiflora L. presenti all’orto botanico della città stessa, hanno evidenziato una diminuzione dell’efficienza fotosintetica delle foglie direttamente illuminate da una lampada ai vapori di mercurio. Il grafico di figura 4 illustra i risultati a cui siamo giunti dopo circa un anno di esperimenti; abbiamo selezionato tre zone di due magnolie, in modo tale da poter avere dei campioni di una pianta provenienti sia dalla parte illuminata che dalla parte oscura, e dei campioni al buio provenienti da un’altra pianta; è evidente che l’efficenza fotosintetica, (identificata con il parametro F p) della zona esposta all’illuminazione artificiale è significativamente inferiore rispetto alle due zone che si trovano in condizione di buio. La conclusione logica dello studio è che la presenza di una sorgente luminosa in prossimità della pianta causa uno stress alle foglie che sono direttamente esposte alla luce, alterandone il normale processo fotosintetico.
Per la misura dell’efficenza fotosintetica e quindi per l’analisi dello stato fisiologico delle foglie interessate all’esperimento abbiamo utilizzato il metodo dell’induzione di fluorescenza. Infatti la maggior parte dell’energia solare che viene assorbita dalle foglie viene utilizzata per i processi della fotosintesi, mentre il resto è dissipato sotto forma di calore e di fluorescenza: tramite uno strumento chiamato PAM (photoamplitude modulate fluorimeter) si è in grado di misurare la quantità di energia emessa sottoforma di fluorescenza, che nei sistemi in vivo si aggira intorno al 3-5% sul totale dell’energia assorbita. Ed è proprio la quantità e la cinetica dell’emissione di fluorescenza che ci ha permesso di capire qual’era lo stato fisiologico delle piante.
Infine direi che non è azzardato pensare che le sorgenti luminose, possano essere responsabili di un microclima nelle foglie che sono a più diretto contatto con esse (aumento della temperatura, dell’umidità relativa ed estensione della luce diurna) tale da favorire il prolungamento del periodo vegetativo oltre il suo normale termine.
Conclusioni
Lo studio di alcuni sistemi biologici ha evidenziato l’influsso delle lampade per l’illuminazione pubblica (in particolare quelle ad ampio spettro di emissione) in alcuni cicli vitali quali la riproduzione (rettili), la migrazione (lepidotteri, uccelli), la produzione di sostanze vitali e i ritmi stagionali (piante). Peraltro sono necessari ulteriori studi per valutare la reale portata dell’influsso di questo impatto antropico sugli ecosistemi.
Certamente è auspicabile una maggior attenzione nella costruzione degli impianti di illuminazione, in modo da evitare dispersione di luce inutile, e soprattutto laddove è possibile utilizzare lampade a spettro di emissione ristretto (come le lampade al sodio bassa pressione).
Bibliografia
* Witherington E. B.,1992, Bheavioral responses of nesting sea turtles to artificial lighting, Herpetologica, 48(1): 31-39
* Casagrande R., Giulini P., 1983, Illuminazione pubblica e verde urbano, in L’albero, l’uomo, la città, Signum, Limena (PD), 42-44.
* Hausmann A., 1992, Untersuchungen zum Massensterben von Nachtfaltern an Industriebeleuchtungen (Lepidoptera, Macroheterocera), Atalanta, 23 (3/4): 411-416.
* Roman A., Giulini P., Giacometti G. M., Cinzano P., 1995, Inquinamento luminoso e probabili effetti sulle piante, tesi di laurea, Università di Padova.
* Francesconi A., Gimma G., Primo gallo che canta (alle dieci di sera crede che sia l’ora dell’alba), da Il gazzettino di Venezia del 24-4-1997, Venezia.
* Roman A., Giulini P., Giacometti G. M., Cinzano P., 1998, Inquinamento luminoso e probabili effetti sulle piante, Memorie della società astronomica italiana, in preparazione