21 Gennaio 2003
giornalino scolastico dell’Istituto Statale Superiore di II grado di Procida In seguito ad un black out, provocato a Los Angeles dall’ultimo grande terremoto, i centralini degli istituti scientifici della California furono intasati da numerose telefonate dei cittadini che chiedevano che cosa stesse accadendo nel cielo. Ebbene, erano cittadini, uomini, che avevano perso il piacere di alzare gli occhi al cielo e la visione del firmamento cosi punteggiato, li aveva spaventati. Forse, noi a Procida siamo più fortunati di loro, ma posso dirvi che le cose sono precipitate negli ultimi venti anni; infatti mentre agli inizi degli anni ottanta addormentandomi in un sacco a pelo sui tavolacci della California, potevo seguire con lo sguardo la Via Lattea e contare centinaia di stelle cadenti, oggi la Via Lattea che spacca in due la costellazione del Cigno per perdersi a sud nel Sagittario, non è più visibile e vedere, oggi, le stelle cadenti è diventata una rarità.
Anche la scrittrice Elsa Morante doveva essere stata colpita favorevolmente dal cielo stellato di Procida: molti sono stati i suoi articoli e racconti brevi con riferimenti al cielo stellato e agli astri che vi dimorano, oltre al capolavoro “L’isola di Arturo”, dove è risaputo da tutti che Arturo è la stella più luminosa di Boote (la quarta più luminosa del nostro cielo notturno).
Oggi, vuoi per ignoranza vuoi per mancanza di spazi non inquinati dalle luci urbane, non siamo più in grado di vedere nelle costellazioni le figure mitiche e mitologiche che già gli abitanti delle valli tra il Tigri e l’Eufrate vedevano ottomila anni fa e, dopo di loro, gli antichi greci e i latini, gli uomini del Medioevo e del Rinascimento fino ad arrivare al secolo scorso passando per Leopardi che a soli quindici (siamo nel 1813) scrisse la “Storia dell’Astronomia dalle origini fino al 1811”.
L’inquinamento luminoso che “oscura” i nostri cieli stellati, è causato dall’incontrollata illuminazione artificiale che, accompagnando lo sviluppo delle città in questi ultimi decenni, ha provocato la dispersione diretta di lice artificiale al di fuori delle zone a cui essa è espressamente dedicata e, in particolare, verso il cielo. Fortunatamente, la sensibilità a questo tipo di inquinamento sta aumentando, almeno a giudicare dalle varie leggi che le Regioni italiane (prima il Veneto, 1997) stanno emanando da qualche anno. Forse la vera fonte di queste leggi è quella economica: il costo dell’energia sempre più crescente ha spinto gli amministratori locali a promuovere degli studi per ottimizzare l’illuminazione stradale al fine del risparmio energetico. Anche l’Articolo 23 del codice della strada condanna l’emissione superflua dei lampioni e di altre sorgenti luminose. “Lungo le strade o in vista di esse è vietato collocare insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda, segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade che, per dimensione, forma, colore, disegno e ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale (…) ovvero arrecare disturbo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione (…). Sono altresì vietati i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari rifrangenti nonché le sorgenti e le pubblicità luminose che possono produrre abbagliamento o distrazione (…)”. Anche se questo viene detto propriamente per motivi di sicurezza, il rispetto di questo articolo è basilare per far diminuire la dispersione verso l’alto della luce. I danni dell’Inquinamento luminoso non sono solo economici come già accennato (una corretta illuminazione potrebbe far risparmiare anche il 40% della spesa pubblica), ma riguardano anche altri aspetti:
· Aspetto artistico – non sono poche le obiezioni all’illuminazione sfrenata di molti monumenti; i creatori della maggior parte di questi capolavori li hanno ideati quando l’unica fonte di illuminazione era il Sole, che illumina con una determinata intensità e dall’alto verso il basso, non viceversa come succede adesso e che il più delle volte stravolge la “lettura” del monumento stesso;
· Aspetto culturale – la cultura popolare del cielo è ormai ridotta a particolari eventi di tipo astronautico; perdendo il contatto diretto con il cielo l’uomo si è impoverito rispetto alle culture millenarie degli antichi popoli. Con il cielo l’uomo perde metà del paesaggio, la sua visuale si dimezza da 360° a 180°;
· Aspetto ecologico – l’energia che usiamo per fare funzionare i nostri impianti di illuminazione è prodotta bruciando combustibili che fumi inquinando l’atmosfera; riducendo lo spreco di luce, potremmo ridurre anche l’inquinamento atmosferico; inoltre, molti organismi, a causa dell’Inquinamento Luminoso, hanno perso la loro concezione del dì e della notte, modificando i ritmi circadiani, i tempi della fotosintesi o gli itinerari di alcune migrazioni;
· Aspetto psicologico – nell’uomo (e negli altri animali) i riflessi sono metabolici e psichici; la troppa luce o la sua diffusione in ore notturne destinate al riposo provoca vari disturbi psicologici e fisici;
· Aspetto scientifico – la luce dispersa dagli impianti di illuminazione schiarisce il fondo cielo rendendo invisibili gli oggetti più deboli o addirittura la quasi totalità delle stelle, precludendo così qualsiasi osservazione di carattere astronomico. Per non parlare poi dei disagi causati agli astrofili, costretti a lunghi percorsi per trovare un po’ di buio;
Qual è la via migliore che dovremmo seguire per ritornare “… a riveder le stelle”?
La risposta può sorgere spontanea e, per dirla con lo scrittore Tanizaki nel suo “Elogio all’ombra”, “Per il momento spegniamo le luci, poi si vedrà!”.
Prof. Costantino D’Antonio