Da La Prealpina del 11 ottobre 2002 Definizione: è inquinamento luminoso dell’atmosfera ogni forma di irradiazione di luce artificiale che si disperda al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata e, in particolar modo se orientata al di sopra della linea dell’orizzonte.
In presenza di inquinamento, è risaputo, c’è sempre un prezzo più o meno alto da pagare sia in termini di qualità della vita (patologie animali e vegetali) sia per i costi sociali del risanamento ambientale e degli oneri igienico sanitari. Per esempio, il versamento di sostanze nocive nei laghi, nei mari o nei fiumi, l’alterazione della composizione chimico fisica dell’atmosfera per effetto di sostanze tossiche come gli ossidi di zolfo, di azoto o cancerogeni come il benzene, il benzopropilene, polveri, aerosoli e altri gas in conseguenza alla combustione di sostanze derivate dal petrolio e da altri combustibili fossili.
Quando si parla o si scrive che la luce può inquinare che significa? Significa che una tra le più grandiose invenzioni del genio umano, quale è appunto la luce artificiale, non viene usata in modo corretto.
L’uso corretto è quello di illuminare i luoghi che lo necessitano, ad esempio strade, marciapiedi, piazze e altri luoghi che, a partire dal crepuscolo, devono consentire sicurezza e comodità di passo all’esterno ed una buona illuminazione all’interno delle case. Ciò per il motivo che la luce che si consuma ha un costo. L’energia elettrica è una risorsa che non va sprecata.
Una volta le mamme insegnavano ai ragazzi: “spegnete le lampade nelle stanze dove non ci sono persone perché è inutile e perché si risparmia!”
Orbene, esistono leggi dello Stato e leggi delle Regioni che dettano norme per il risparmio energetico. Quando un Paese non risparmia è costretto ad aumentare la produzione dell’energia elettrica e, se non è in grado di produrrne quanto basta, deve importarla da altri Paesi produttori.
Fin qui siamo tutti d’accordo, intendo tutti i cittadini che fruiscono del servizio di distribuzione luce o gli Amministratori che devono fornire il servizio della illuminazione pubblica. In ogni caso sono sempre i cittadini che pagano. Ottime ragioni per utilizzare al meglio questo bene prezioso che si esprime in Watt e in euro.
Non dimentichiamo che molti popoli di questo pianeta mancano non solo di acqua ed alimenti indispensabili ma anche di energia elettrica.
Ma allora perché il legislatore regionale, il nazionale e la stessa Comunità Europea e persino l’Unesco fanno appello al corretto utilizzo della luce artificiale? Semplice, perché da una parte esistono luoghi, paesi e periferie di città che non hanno luce sufficiente e dall’altra parte esistono coloro (Enti pubblici e privati) che ignorando le leggi in vigore anzi in violazione alle leggi stesse, utilizzano prodotti illuminanti a tecnologia obsoleta.
Sono obsolete le tecnologie ad alto consumo energetico e i corpi illuminanti che disperdono in cielo energia di cui il cielo e le nuvole non abbisognano.
Veniamo all’inquinamento luminoso.
Si ha inquinamento del cielo quando si altera la condizione di visibilità di uno scenario che da millenni è stato fonte di curiosità scientifica e di contemplazione: l’universo stellato.
Madre Natura ha stabilito il giorno per le necessità vitali di tutte le creature, animali e vegetali che necessitano della luce solare e ha voluto la notte e il buio per il riposo. Del buio approfittano da millenni i primi idolatri degli astri, poi gli astrologi ed infine gli astrofisici. Questi ultimi usando strumenti sempre più sofisticati hanno scoperto nel cielo buio oggetti e paesaggi di incommensurabile importanza per il progresso della conoscenza e l’esplorazione dello spazio.
Oggi gli studiosi del cielo si trasferiscono ad elevatissimi costi nelle zone desertiche o sulle alte montagne lontane dall’inquinamento luminoso. La fotografia eseguita da satelliti orbitanti evidenzia in modo sconcertante il nostro pianeta pieno di luci nell’emisfero boreale, in oscurità o quasi nell’emisfero australe.
Concludo: l’osservatorio astronomico di Campo dei Fiori è sorto per privata generosità ed è patrimonio della cultura della Città e della Regione. Da 47 anni i volontari che mi hanno seguito hanno realizzato la Cittadella di Scienze della Natura della quale l’Osservatorio fa parte assieme all’Osservatorio sismologico regionale, all’Osservatorio meteorologico, al Centro Geofisico Prealpino ed al Centro Studi Botanici.
La legge regionale lombarda 27 marzo 2000 n. 17 e tra breve anche la legge nazionale, intendono tutelare tutti gli osservatori astronomici nazionali, siano essi statali e professionali oppure non professionali ma con scopi storici di ricerca scientifica, culturale e popolare, aperti al pubblico. La tutela è altresì prevista per gli osservatori privati aventi scopi di ricerca. L’Unesco nella sua Dichiarazione Universale dei diritti delle generazioni future ammonisce: occorre conservare visibile il cielo notturno alle future generazioni quale patrimonio culturale dell’Umanità.
– Salvatore Furia –