LE SCIENZE – Agosto 2002
Guerra all’inquinamento luminoso significa anche risparmio energetico In Italia c’è una sola città con più di 250.000 abitanti dove è ancora possibile, se la notte è limpida, scorgere la Via Lattea: Venezia. Per salvaguardare la sua fama di città romantica si utilizzano infatti da tempo impianti di illuminazione a bassa intensità.
Ma fortunatamente la sensibilità verso il problema dell’inquinamneto luminoso sta prendendo piede anche in Italia. Dopo la Lombardia, che nel marzo 2000 ha votato una normativa tra le più avanzate del mondo sull’illuminazione pubblica, tanto da essere stata premiata dall’International Astronomical Union, è la volta della Campania. Dai primi di luglio è infatti entrata in vigore una Legge Regionale che potrà contribuire ad un sensibile miglioramento della situazione, specie in un’area – quale quella metropolitana di Napoli – che è fra le più compromesse dal punto di vista dell’inquinamento luminoso. E sgombra da certe idee un po’ kitsch, se possiamo chiamarle così, come illuminare tutto il Vesuvio o i Faraglioni di Capri.
Ma evitare la scomparsa del cielo stellato dai nostri orizzonti – una scomparsa quasi paradossale in un’epoca di conquiste spaziali – non interessa solo chi teme la sparizione di un godimento estetico e neppure si limita ad astronomi ed astrofili (ai quali va peraltro riconosciuto il merito di aver sensibilizzato le istituzioni). Il problema ha, in realtà, un risvolto economico non indifferente.
Negli Stati Uniti, dove il dibattito è vivacissimo, l’International Dark Sky Association ha stimato che ogni anno si spendono circa 4,5 miliardi di dollari in luce sprecata, l’equivalente di 30 milioni di barili di petrolio.
Anche in Italia le cifre non sono di poco conto, dato che le lampade gestite dalle amministrazioni pubbliche in Italia sono circa otto milioni, che ogni palo della luce costa in media due milioni e mezzo, e che per ogni 11 vecchie lampade a incandescenza sostituite con quelle di concezione più moderna, al sodio ad alta e bassa pressione, si risparmia un milione all’anno. Che in termini di stime globali sul territorio italiano vuol dire un risparmio tra i 400 e i 700 miliardi l’anno di vecchie lire.
Roberto Benatti, membro di “cielobuio” un coordinamento di associazioni nato nel mondo degli astrofili proprio per la “protezione del cielo notturno” ricorda a questo proposito: “Noi offriamo consulenze gratuite ai tecnici degli enti locali per un’ottimale applicazione delle norme. Di solito riusciamo a trovare un accordo, perché siamo in grado di dimostrare che, con le nuove tecniche, si riesce a realizzare un risparmio energetico tra il 30 ed il 40 per cento illuminando meglio le strade”. E Silvano Minuto, dell’Unione Astrofili Italiani, rincara la dose: “Sotto certi aspetti la nostra tecnologia è ancora quella di fine Ottocento: i pali della luce a globo consumano il doppio delle nuove lampade schermate e disperdono inutilmente verso l’alto la luce che invece dovrebbe essere diretta sulle strade. Se l’Italia riesce a progredire sulla via della ricerca di nuovi tipi di illuminazione, questo passo darà un grosso impulso economico al settore in termini di brevetti, nuove tecnologie e posti di lavoro”.
Valeria Fieramonte