Corriere della Sera – Cronaca di Milano – 09/07/2002
San Donato e Monza accusati da «Cielo buio», l’associazione contro l’inquinamento luminoso MILANO – La notte del 28 giugno 1991, dopo l’ennesimo terremoto che colpì Los Angeles, i centralini degli istituti scientifici e della polizia della California andarono in tilt intasati da migliaia di telefonate di cittadini: tutti chiedevano che cosa stesse accadendo in cielo. Quelle luci, che molti vedevano per la prima volta, non erano altro che stelle. Il terremoto aveva infatti interrotto la corrente elettrica in interi quartieri della città e oscurato gli impianti di illuminazione, scoprendo il cielo stellato. Ma non c’è bisogno di andare così lontano per vedere gli effetti dell’inquinamento luminoso. In Italia, secondo il primo rapporto Istil (Istituto di scienza e tecnologia dell’inquinamento luminoso), il fenomeno aumenta del 10 per cento ogni anno. E l’alone di luce che offusca il cielo notturno di Milano, il più inquinato d’Italia, è così evidente da disturbare persino le osservazioni astronomiche in Svizzera. Di questo passo nel 2015, secondo le previsioni di «Cielo buio», l’associazione nata in Italia cinque anni fa a difesa del firmamento, potremo osservare ad occhio nudo soltanto dalle Alpi quello che oggi si vede dal Milanese. Ben poco: i pianeti più luminosi come Venere, Marte, Giove e Saturno e una parte della costellazione dell’Orsa Maggiore e di Cassiopea. Adesso basta spostarsi in Brianza, sulle colline fuori Monza, per scorgere anche una parte dell’Orsa Minore. I killer del cielo notturno? Lampioni, fari e fasci di luce che illuminano a giorno strade, edifici, giardini e cartelloni pubblicitari in barba alla legge per la protezione del cielo notturno che diverse regioni italiane hanno adottato. In Lombardia la legge è in vigore dal 27 marzo 2000, grazie alle 25 mila firme raccolte da «Cielo buio», e impone limiti precisi nella scelta degli impianti. Vietatissimi, e in cima alla lista nera degli astrofili, ci sono i lampioni «a globo» che irradiano luce in tutte le direzioni. «Il Comune di San Donato Milanese ne ha installati recentemente 200 sulla statale Emilia – spiega Michele Bini, coordinatore di “Cielo buio” per il Sud Milanese – violando palesemente le normative. Abbiamo inviato al sindaco una diffida, ma i fari sono ancora lì. Segrate, invece, è stato uno dei Comuni più sensibili: ha approvato una mozione per l’adeguamento degli impianti fuori norma». Gli esempi di violazione della legge, in provincia, sono tanti. Ad Assago, ad esempio, spiccano in questo periodo i fari alogeni puntati sul tendone del festival latino-americano del Filaforum. Accade di peggio a Monza, dove da un anno gli astrofili stanno combattendo per far spegnere il faro rotante che illumina la discoteca «Savage» e disturba l’attività dell’osservatorio astronomico di Brugherio. E persino la nuova illuminazione di Villa Reale è sotto accusa. «I proiettori accesi sulla facciata – spiega Roberto Benatti, fondatore di “Cielo buio” – diffondono in parte la luce verso l’alto per l’eccessiva potenza dell’impianto: sono così uno spreco di soldi per l’amministrazione comunale e fonte di inquinamento». Di moda ma fuorilegge anche le «vele», lampioni composti da una lampada che proietta la luce su un pannello trasparente. Esempi se ne trovano un pò ovunque, anche all’ingresso del neonato teatro degli Arcimboldi. Ma come dev’essere un impianto antinquinante? «Bisogna scegliere lampioni schermati, muniti di lampade al sodio e orientati verso il basso», puntualizza Bini. Gli effetti dell’inquinamento luminoso si fanno sentire anche sull’organismo umano, disturbato dagli eccessi di luce nelle ore notturne, e sugli animali. Basti pensare agli uccelli migratori che perdono la rotta perché non riescono a vedere le stelle, punti di riferimento durante il «passo», o alle tartarughe marine che muoiono sulle nostre coste, richiamate dai fari e dalle luci di porti e località turistiche. Abbastanza per sperare che l’Unesco accolga l’appello lanciato dagli astronomi di tutto il mondo affinché il cielo stellato sia dichiarato patrimonio dell’umanità.
Olivia Manola