Luca Zaggia ci segnala questa interessante intervista rilasciata al Corriere della Sera dal Sindaco di Venezia Massimo Cacciari, in occasione del Salone del Mobile 2007. Ne riportiamo i passi più significativi, mentre il testo completo si può trovare qui
Nella stessa occasione il Corriere ha intervistato anche l’Arch. Jean Nouvel che rappresenta «l’esempio di un’architettura militante, costantemente impegnata nella ridefinizione di un nuovo modello di città». L’intervista può essere scaricata qui.
In calce trovate la dichiarazione più pertinente in tema di inquinamento luminoso.
Dall’intervista a Massimo Cacciari:
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Anche oggi l’uso della luce per illuminare i monumenti di una città o di un paese rappresenta un consumo identitario?
«Sì. L’ossessione della luce è sintomo di un’ansia, di uno stress da sradicamento. Si pensa di superare questa situazione di sradicamento esistenziale e di perdita identitaria in modo semplice e unilaterale: accendendo la luce in città, come si fa in casa. Poiché non so chi io sia, e chi sia l’altro, anziché accettare il gioco del chiaroscuro, dei raggi, si pensa che basti accendere la luce. E così i cittadini chiedono ai sindaci di far luce in città anche di notte, e non una luce plurale, modulata, metaforicamente e di fatto. Basta che sia luce».
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Ed è anche quella dei consumi, il grande tema di oggi. Guardando il mondo dal satellite lo si vede tutto illuminato. ……..
«L’architettura della luminosità è stata anche quella di colossali sprechi energetici. Per la realizzazione del regno della luce si sono moltiplicati i lumina della città e creati grandi edifici con dispersioni di calore ed energia. Si è abbandonata la logica vitruviana della firmitas, utilitas e venustas ».
È un problema da risolvere in sede legislativa?
«Io spero che sempre più si affermino norme che costringano a una considerazione attenta alla economicità nella costruzione di edifici e di oggetti e norme gestionali che diventino più cogenti. ……..».
Pierluigi Panza
Dall’intervista all’Arch. Jean Nouvel:
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Niente globalizzazione selvaggia, dunque?
«Sono contro la globalizzazione. In tutti i sensi. Voglio città sempre diverse l’una dall’altra, anche per quello che riguarda la luce. Voglio città uniche per fantasia, poesia, bellezza: purtroppo però ci troviamo davanti a città che sembrano tutti shopping center con brutte luci, brutte strade, brutte colori. Oltretutto, per una più o meno giustificata ossessione di sicurezza, si finisce con l’illuminare tutto e troppo, finendo per perdere il mistero».
Stefano Bucci