Corriere del Mezzogiorno – 14 Aprile 2002
On-line la versione completa dell’articolo apparso sul quotidiano.
La partita non è ancora ufficialmente chiusa, ma il sovrintendente ai Beni ambientali, Enrico Guglielmo, non sembra lasciare spazio agli equivoci. A lui, quell’idea di illuminare artificialmente i Faraglioni di Capri proprio non piace. Ragion per cui, quando gli sarà recapitato il progetto dettagliato dell’operazione accarezzata dal Comune di Capri, sarà veramente difficile fargli cambiare opinione. Progetto praticamente affondato, dunque, nonostante tutti gli affanni del Comune, che poche settimane fa aveva già “collaudato” l’illuminazione proclamandone la sobria, discreta, misurata non invasività. Il tutto, dopo le reiterate rassicurazioni sugli accorgimenti adottati per non recare offesa all’ecosistema, per lasciare in pace le lucertole azzurre, per limitare al massimo gli orari di accensione, con l’impegno di spegnere i fari a ogni plenilunio.
Com’era facilmente prevedibile, prima ancora che la sovrintendenza pronunciasse il suo sostanziale «niet», la questione aveva sollevato polemiche nazionali. Non si erano mossi soltanto gli ecologisti, non soltanto Legambiente o Italia Nostra, ma tutta una serie di intellettuali e opinion leader, «capresi» e no, per dichiarare la propria risoluta opposizione al progetto, considerato un vero e proprio sacrilegio, un inutile sfregio consumato ai danni di un luogo la cui luce particolarissima al chiaro di luna – capace di disegnare «fasce d’argento» sul mare come anche famose canzoni testimoniano ad abudantiam – non avrebbe bisogno di aiuti tecnologici né, tanto meno, di essere inventata nei giorni in cui la luna, sorda al grido di dolore degli operatori turistici, si permette di prendersi una sia pur breve vacanza. Il sovrintendente Guglielmo, come si legge nell’intervista che gli ha fatto Carlo Franco in questa stessa pagina, si dice «non prevenuto» nei confronti del progetto d’illuminazione. Poi, però, si lascia sfuggire qualche osservazione, appena accennata, improntata a un buonsenso elementare che è impossibile non condividere. Anche a non voler posare pregiudizialmente da passatisti, insomma, si fa proprio fatica a capire per quale motivo tante energie, tanto impegno, tanta applicazione debbano esser spesi per un progetto così fatuo, per qualcosa – la luce magica della luna sui Faraglioni – che già c’è, ed è del tutto naturale, non una finzione, non un imbroglio, bensì un commovente incantesimo mediterraneo uguale a se stesso fin dalla notte dei tempi: la stessa luce che videro gli occhi di Tiberio e quelli di Gregorovius e quelli di Rita Hayworth. Questa bizzarra polemica sull’illuminazione dei Faraglioni assomiglia tanto alle vecchie «querelle» degli antichi e dei moderni, quando ci si poteva interrogare sul diritto e magari anche sul dovere di cambiare il destino di certi luoghi mitici del mondo, in nome dei più vari principii metafisici oppure dei vantaggi che ne sarebbero derivati per l’umanità. Solo che quelle «querelle» andavano di moda più di due secoli fa. Oggi, forse, è inutile capire se il progetto Faraglioni sia perfettamente ecocompatibile. Meglio sarebbe domandarsi a che cosa serve.
Per concludere, magari, che quanto ci toglie è più di quanto ci offre. Bisognerà vedere se il Comune di Capri si incaponirà nei suoi propositi: se insisterà, se farà ricorso, se protesterà presso le sedi competenti. Sommessamente, gli si vorrebbe suggerire di desistere. E di dedicarsi ad altre, molto più inoffensive e al postutto assai più urgenti migliorie: nella manutenzione delle strade, nel servizio di raccolta rifiuti, nella gestione del traffico, nella vigilanza sull’abusivismo edilizio, nella pulizia del litorale…
Francesco Durante