Zichichi – risposta di Di Sora – 1 novembre 2001

Egregio Direttore,

mi permetto di scriverLe, in qualità di Presidente della Sezione Italiana dell’International Dark-Sky Association (il massimo organismo mondiale di ricerca sull’inquinamento luminoso con sede a Tucson in Arizona) per esprimere il mio vibrato dissenso dall’articolo pubblicato sul n° 43, a firma del Prof. Antonino ZICHICHI, proprio su questo grave problema che da anni affligge astronomi e astrofili.
Ho il dovere morale di intervenire per porre rimedio ad alcune gravi imprecisioni in cui è incorso l’autore che, malgrado la sua indubbia fama di fisico delle particelle, ha dimostrato di avvicinarsi a questa tematica in modo del tutto superficiale e demagogico.
In primo luogo il termine inquinamento luminoso è ormai ampiamente riportato nella letteratura scientifica internazionale da oltre vent’anni (light-pollution) e stupisce pertanto che se ne contesti l’uso come forma indebita.
Se poi ci attardassimo a verificare in che termini i migliori dizionari riportano la parola “inquinamento” avremmo la ventura di scoprire che è un’alterazione dell’ambiente naturale, in senso lato, provocata dalle attività dell’Uomo e indipendente dal fatto che provochi danni alla salute o meno.
Anche se la luce artificiale sembra non creare problemi diretti non significa che il suo abuso non sia dannoso per altre attività, come ad esempio la ricerca scientifica.
In ogni caso recenti e approfonditi studi, evidentemente ignoti all’Autore, hanno messo in rilievo alterazioni del ciclo circadiano delle piante e numerose controindicazioni per i ritmi biologici sia dell’Uomo che degli animali.
Il prof. ZICHICHI, con tono formalmente paternalistico ma sostanzialmente da Controriforma, ci indica come nemici della luce artificiale e ci invita invece a cambiare atteggiamento, quasi come se fossimo dei Talebani della contemplazione astronomica, e a diventare dei veri educatori al riguardo; invito che accolgo subito incominciando proprio da lui.

Quanto mai riduttivo e strumentale è il fatto che venga indicato quello dell’inquinamento luminoso come problema dei solo “poveri” astrofili.
Eppure uno scienziato del suo calibro dovrebbe sapere che negli ultimi decenni i più grandi osservatori professionali del mondo sono stati trasferiti o costruiti direttamene nei luoghi più bui del mondo. Un motivo ci sarà per queste scelte logisticamente ed economicamente dispendiose ed è quello del degrado del cielo notturno vicino le zone fortemente antropizzate.
Basti pensare che il Very Large Telescope, il più grande telescopio del pianeta costato quasi 1000 miliardi di lire, si trova nel deserto di Atacama in Cile e non nel centro di Roma.
Questo modo di riportare i fatti risulta peraltro offensivo per gli Astronomi, oltre che per gli Astrofili, in quanto relega l’Astronomia, che è la più antica delle scienze, a un ruolo di secondarietà incomprensibile e intollerabile.
Sarà anche opportuno ricordare due cose, visto che la Vs. prestigiosa rivista è di ispirazione cristiana. Il primo studio sull’inquinamento luminoso in Italia è stato effettuato dai ricercatori della Specola Vaticana nel 1973 (Treanor,e altri).
A causa dell’uso irrazionale dell’illuminazione notturna detto Osservatorio è stato definitamene trasferito in Arizona dove, guarda caso, ci sono delle leggi molto severe dal 1958 per la limitazione di questo fenomeno.
Forse anche le autorità statunitensi hanno la velleità di lasciare al buio il genere umano?
Vorremmo informare il prof. ZICHICHI che la recente illuminazione della Cupola di S. Pietro è stata realizzata tenendo in conto proprio il fenomeno della light-pollution, anche questo è un segnale di attenzione al problema esposto.
Il Cielo stellato è considerato dal 1992 patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO con una specifica dichiarazione dei diritti delle Generazioni future e tutti noi dobbiamo impegnarci per conservarlo al meglio per chi lo studia oggi ma anche per chi verrà dopo di noi.
Lottare contro l’inquinamento luminoso non significa affatto, come ritiene l’autore, spegnere le luci e tornare al buio, magari vestiti con la pelle di un orso e mangiando carne cruda.
Esistono in varie parti del mondo da anni delle specifiche legislazioni (U.S.A., Australia, Canarie, Cile e recentemente anche 7 Leggi Regionali in Italia) per limitare la dispersione inutile ed ingiustificata di luce verso il cielo. Danno buoni risultati e non obbligano nessuno all’uso della pila tascabile.
Affermare poi che se fossimo rimasti a contemplare il cielo stellato saremmo ancora all’età della pietra e di una gravità sconcertante.
Se non ci fossero stati gli studi astronomi, che hanno creato i veri fondamenti della fisica, dubito che oggi si potrebbe celebrare con tanta enfasi l’equazione di Maxwell e, con essa, l’incivile pratica del lampione selvaggio; tanto più che lo stesso Maxwell è noto per aver effettuato degli interessanti studi sulla struttura degli anelli di Saturno.
Galileo fu il primo uomo che rivolse il suo modesto telescopio agli oggetti celesti. Non sarà un caso pertanto se, a tutt’oggi, la fisica moderna è basata sul metodo galileiano.
Forse il Prof. ZICHICHI pensa che ormai in cielo non vi sia più nulla da scoprire e pertanto che la Via Lattea “val bene un lampione!”.
Dire che l’inquinamento luminoso è simbolo di progresso e benessere perché le zone buie sono quelle dove si muore di fame equivale a lanciare un messaggio pericoloso e demagogico, ribadendo ancora una volta che il nostro modello di sviluppo, che tanti problemai sta creando al pianeta, è quello da imitare.
I Lettori di Famiglia Cristiana debbono essere notiziati del fatto che solo in Italia sprechiamo ogni anno oltre 500 miliardi di lire per illuminare il cielo.
A questo fatto vergognoso vogliono rimediare “gli amici astrofili” e non all’illuminazione razionale e necessaria delle nostre città.
Sarebbe veramente bello se ogni anno regalassimo questi 500 miliardi alle popolazioni povere per aiutarle a progredire.

Non credo però che potremmo risolvere i loro problemi inviando una lampadina a testa
al posto dei beni di prima necessità.
Loro sono poveri perché ci siamo appropriati anche della loro parte e non certo perché la sera possono ancora godere del cielo stellato.

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