Parchi per le stelle e luce per i polli…

In tutta Europa crescono le iniziative per risparmiare energia e per limitare l’inquinamento luminoso. Da noi…

Inquinamento che? Se soltanto una decina di anni orsono parlavi a qualche amministratore pubblico del fatto che lampioni e fari gettati a casaccio inquinavano il cielo stellato e svuotavano le tasche dei contribuenti, ti guardavano come se fossi un marziano.
Di inquinamento luminoso e di spreco energetico nessuno parlava, salvo naturalmente i primi attivisti che si erano accorti che qualcosa stava cambiando.
In Italia, è giusto dirlo, siamo stati tra i primi a porci il problema della progressiva scomparsa della volta celeste nel vecchio continente, prendendo spunto dal lavoro degli statunitensi. Ma non è il caso di vantarsi troppo: il motivo di questa insolita precocità è semplice: qui da noi stavamo esagerando già dieci anni orsono. In altri Paesi europei il livello di inquinamento era elevato, ma non aveva raggiunto quello sofferto nello Stivale. Il loro sistema immunitario, attivato dal buon senso, restava inattivo.
Ora la musica, pardon il cielo, è cambiato anche per gli altri coinquilini del condominio Europa. Perché anche da loro, come purtroppo avvenuto da noi, le lobby dell’energia e dell’illuminazione si sono date un gran da fare. Non è quindi un caso se, in materia di lotta all’inquinamento luminoso, da molte nazioni giungono notizie di iniziative che noi possiamo soltanto immaginare e non chiedere, per non vedere nuovamente le solite facce stralunate dei nostri politici.
Sul territorio della scozzese Galloway, dove la natura fatta di brughiere incantate e foreste regna ancora sovrana, sorgerà nel corso del 2009, Anno internazionale dell’Astronomia, il primo parco protetto dedicato al cielo stellato in Europa [altri articoli qui NdR]. Altri due operano già negli Stati Uniti, dove pure i cieli mozzafiato non mancano, complici i grandi spazi ancora liberi dal bacillo dell’antropizzazione selvaggia e incontrollata.
Che dire? Se gli scozzesi dedicano un parco al cielo stellato, pur sapendo che le nuvole fanno spesso capolino, cosa si potrebbe fare in un Paese baciato dal sole come l’Italia? Basti pensare alle aree appenniniche e alpine ancora degne di essere frequentate proprio grazie al loro splendido cielo stellato, sempre che gli amministratori locali colgano questa possibilità e non arrivi l’ennesima speculazione edilizia, o l’ennesima pista da sci illuminata a giorno.
A Parigi, invece, lo spegnimento delle luci della Tour Eiffel sarà anticipato di un paio d’ore. Inutile lasciarla accesa tutta la notte, ha sentenziato il Municipio. Se perfino i cittadini della Ville Lumiere decidono che è ora di mettere un freno allo spreco, vuol dire che le cose stanno cambiando. Anche i transalpini cominciano a capire che tutte quelle luminarie, alla fine, le pagano con le loro tasche e la loro salute.
Perfino gli austriaci, che di certo non possono essere accusati di essere degli spreconi, hanno cominciato ad installare soltanto lampioni anti inquinamento luminoso. Lo fanno, è bene dirlo, senza che una legge lo imponga, perché evidentemente il buon senso da loro è ancora una dote e non un “freno all’economia” o al progresso, come invece si continua a ripetere pappagallescamente da noi.
Quasi non ne avrebbero bisogno, dei lampioni che non inquinano: basta percorrere i viali di una qualsiasi cittadina d’oltralpe per verificare che gli austriaci illuminano bene soltanto le vie centrali e pedonali, riservando a tutto il resto della rete viaria piccoli lampioni che servono a dare luce soltanto ai marciapiedi. Sì, avete capito bene: che se ne fa un automobilista dei lampioni quando ha i fari (la cui efficienza è cresciuta negli ultimi anni di oltre il 30 per cento)? Quindi, i nipoti di Francesco Giuseppe installano lampioni stradali soltanto sugli incroci più pericolosi, apposite tabelle luminose e relativo lampione soltanto dove ci sono gli attraversamenti pedonali e lampioncini nelle altre vie e soltanto dove ci sia un percorso pedonale.
Durante un week end trascorso in Carinzia, nei dintorni del lago di Velden, località rinomata e sede di casinò e alberghi di lusso, ci è capitato di assistere a un fatto semplicemente impensabile da noi: nell’albergo che ci ospitava, alle 22,30 in punto sono stati spenti i lampioni esterni. “Oddio un black out- ci siamo detti da buoni italiani – mentre invece era facile notare, immersi nell’oscurità, gli aloni circoscritti di luce irradiati dai centri più grandi, come Velden e Villacco. Macchie di luce in cielo, mica l’orribile cappa luminescente cui siamo ormai abituati”.
Qui da noi, dove le luci continuano a crescere e a restare accese per l’intera notte, anche quando la legge dice andrebbero spente dopo una certa ora, come nel caso delle insegne e dell’illuminazione di monumenti ed edifici storici, sbiancati da fari degni dell’antiaerea tedesca durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Luce, luce e ancora luce, in nome della sicurezza, anche se si tratta di una leggenda metropolitana, anche se ci costa fior di milioni e ci fa stare male.
Ma c’è sempre un perché. I polli, si sa, producono più uova quando sono ben illuminati.

adg/cb

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