A proposito del piano energetico del Comune di Padova

Note di Venetostellato

Egregio Assessore Bicciato,

lo scorso venerdì 17 Marzo, in occasione dei convegni della manifestazione fieristica SEP Pollution, abbiamo assistito alla presentazione del Piano Energetico del Comune di Padova curato dal suo Assessorato. Ci dispiace che lei non abbia potuto intrattenersi fino alla fine della presentazione e al breve dibattito che ne è seguito, durante il quale sono state fatte alcune osservazioni relativamente a importanti aspetti di un piano energetico che, in base a quanto risultava dalla presentazione, a nostro avviso, non sono stati considerati con sufficiente attenzione. Purtroppo la sede non era la più appropriata per una discussione approfondita e il tempo a disposizione per eventuali chiarimenti era piuttosto limitato. Vogliamo quindi raccogliere l’invito da lei pubblicamente espresso di una collaborazione attraverso proposte e contributi per un eventuale miglioramento del piano, e le inviamo una nota nel caso queste argomentazioni non le siano state riferite dai rappresentanti del Comune di Padova presenti al termine del convegno. Speriamo tuttavia che i tempi per l’applicazione del piano consentano ancora un’eventuale integrazione e, a questo proposto le ricordiamo che, come accade come per molti altri comuni, la nostra associazione è disponibile a collaborare con l’amministrazione in particolare per quanto concerne il raggiungimento di obiettivi di qualità nell’illuminazione pubblica.

In generale un piano, per potersi definire tale, deve stabilire delle direzioni per il futuro ponendo obiettivi precisi da conseguire in un ragionevole intervallo di tempo, in particolare per il settore dell’illuminazione pubblica, una delle voci fondamentali se non la principale del bilancio energetico dei comuni. Questa caratteristica contraddistingue i provvedimenti illustrati dai vostri colleghi tedeschi intervenuti al convegno e, a quanto risulta dalla ormai consolidata esperienza nella condivisione dei piani della luce delle associazioni che si occupano dell’applicazione delle leggi sull’inquinamento luminoso nel territorio nazionale, è un elemento prioritario di uno strumento di pianificazione.

Ci è sembrato invece che il piano del Comune di Padova si configuri semplicemente come una serie di provvedimenti, volti sì all’urgente miglioramento di una situazione precaria, ma che, per quanto articolato, sia carente dal punto di vista degli obiettivi di qualità, essendo contemplati solo gli aspetti tecnologici mentre non si fa riferimento a un’eventuale regolamentazione dell’uso della luce.

In particolare ci sono due punti che solitamente si considerano fondamentali nella pianificazione e che ci aspettavamo di sentire durante la presentazione:

§ Qual è il tetto massimo per la crescita annua della potenza impegnata per l’illuminazione pubblica?

§ Esiste un codice, o un regolamento, o una serie di prescrizioni che stabiliscano COME, QUANTO, CHE COSA, e soprattutto, QUANDO si debba illuminare?

Per quanto riguarda il primo punto ricordiamo che è assolutamente inutile preoccuparsi di risparmiare una certa percentuale sull’energia totale utilizzata se poi i risparmi conseguiti vengono dissipati dall’incremento incontrollato delle aree illuminate. Limitare la crescita della potenza impegnata è indispensabile se si sceglie di perseguire gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto, anche se questo significa dover programmare rigorosamente i futuri usi dell’energia elettrica (nuove strade, lottizzazioni private che in futuro potranno essere gestite dal Comune, illuminazione ornamentale) in funzione dei risparmi che si possono realizzare nella gestione degli impianti già esistenti.

Per quanto apparentemente subordinato, il secondo punto è fondamentale perché, in assenza di una regolamentazione dell’uso dell’illuminazione, l’unica fonte di risparmio (economico ed energetico) deriva dall’adeguamento tecnologico degli impianti. Ma questo richiede investimenti ingenti e, prima di chiedere alla comunità di sobbarcarsi una spesa dell’ordine dei 4,3 milioni di Euro (questo è quanto prevede il piano per l’adeguamento dell’impiantistica), sarebbe forse il caso di chiedersi se è possibile risparmiare qualcosa semplicemente razionalizzando l’uso di quanto già esiste.

Per rendere più comprensibile il concetto vogliamo utilizzare la stessa analogia utilizzata dal prof. Fauri durante la sua descrizione dei contenuti del piano: la gestione energetica di un’abitazione privata secondo i principi del buon padre di famiglia o, più semplicemente, i principi del buon senso.

Come ricordato dallo stesso prof. Fauri, il primo fattore da verificare, prima di sostituire il sistema di riscaldamento, è se nell’abitazione ci siano finestre lasciate inutilmente aperte. Poi però una volta chiuse le finestre è importante verificare se sia strettamente necessario riscaldare anche la cantina o il garage e il ripostiglio e, se sì, verificare quale sia la temperatura più adeguata per questi vani. Ci sono poi altri aspetti da considerare circa la conduzione della nostra abitazione che non dipendono dal livello tecnologico o dalla qualità dell’impianto, ma solo dalle nostre abitudini. Se, per esempio, nel soggiorno di casa ho una lampada che illumina un dipinto di De Chirico, questa lampada devo lasciarla accesa anche quando la famiglia si corica per il riposo notturno, oppure posso programmarne lo spegnimento dopo un certo orario? La luce del corridoio deve rimanere accesa anche quando tutti dormono o posso utilizzare una mini-lampada notturna? Sempre per quanto riguarda il corridoio, devo mettere una lampada ogni metro, oppure posso cercare di trovare un apparecchio che, opportunamente disegnato, mi consenta di illuminare l’intero corridoio con una sola lampadina? È infine necessario illuminare le piantine di gerani che tengo sui balconi?

Ora possiamo ritornare al piano dell’illuminazione.

COME, QUANTO, CHE COSA, QUANDO

Normalmente un buon piano della luce contiene una classificazione delle strade urbane in relazione all’uso (veicolare, pedonale etc.). Per ciascuna delle categorie individuate il piano assegna dei livelli di illuminazione da impiegare in relazione alle normative tecniche di riferimento. A questo proposito ricordiamo che non è strettamente necessario applicare le normative UNI, ma si possono applicare anche le norme DIN che prevedono livelli inferiori consentendo un ulteriore risparmio. Per quanto riguarda la dispersione verso l’alto, inoltre, non è strettamente necessario limitarsi ai criteri minimi della legge regionale Veneta sull’inquinamento luminoso (L.R. 22/97), ma si possono adottare limitazioni più rigorose quali quelle previste da altre Leggi regionali, che nella nostra provincia sono già state adottate dal Comune di Teolo. Questi regolamenti fissano, per esempio, dei criteri per l’interdistanza minima da adottare per gli apparecchi stradali consentendo una sensibile riduzione del numero di lampade e quindi una riduzione dei costi di installazione, di esercizio e manutenzione (normalmente meno lampade ci sono meno lampade si rompono, come nel cruscotto della Fiat Panda).

Poi in un piano trovano spazio le norme che sono necessarie a regolamentare le abitudini progettuali e gestionali. A questo proposito vogliamo fare alcuni esempi pratici della nostra città anche per poter rendere meglio la dimensione del risparmio conseguibile con una corretta gestione. Si tratta solo di alcuni fra gli esempi più evidenti: nel centro urbano di Padova potremmo elencarne centinaia, e forse non basterebbe un libro.

Infrastrutture secondarie
Le piste ciclabili in periferia o in campagna sono il luogo sicuro per eccellenza, almeno per quanto riguarda il rischio incidenti, è strettamente necessario illuminarle? Se sì, dobbiamo proprio adottare i livelli di illuminazione normalmente richiesti per gli svincoli autostradali o si può partire da livelli più bassi? Dopo le 24:00 il numero dei potenziali utenti di queste strutture si riduce drasticamente, è quindi strettamente necessario che queste rimangano illuminate? Assimilabili a questa categoria sono, per esempio, il lungargine Scaricatore dal Bassanello a Terranegra, ma stanno comparendo decine e decine (non solo nel comune di Padova, ma anche nei comuni limitrofi) di percorsi pedonali e ciclabili dotati di impianti di illuminazione e per di più sovradimensionati. Non esiste un corrispondente negli altri paesi europei dove i percorsi ciclabili sono diffusi ormai da decenni (Olanda, Belgio, Germania, Austria). Tanto per restare in Germania, solo in casi molto rari si osservano impianti di illuminazione sulle ciclo-pedonali, anche in aree rurali remote dove potrebbe sussistere un eventuale rischio criminalità. Evidentemente è consuetudine che le biciclette tedesche siano dotate di fanaleria funzionante o forse i pochi tedeschi che amano fare sport dopo le 24.00 accettano il rischio di imbattersi in uno sconsiderato senza per questo pretendere che l’intero percorso venga illuminato, solo per loro, tutta la notte. Del resto nelle nostre città sono ormai sempre più diffusi i casi di violenza in parchi urbani durante le ore diurne, mentre di notte la gente evita comunque i luoghi che ritiene poco sicuri , indipendentemente dal livello di illuminazione.

Illuminazione pubblicitaria
Quasi tutti i cartelloni pubblicitari del Servizio Pubbliche Affissioni sono dotati di proiettori per l’illuminazione nelle ore notturne. Si tratta, probabilmente, di centinaia di apparecchi e non ci meraviglierebbe constatare che la potenza complessivamente impegnata sia dell’ordine del centinaio di kW. Come nel caso precedente è necessario chiedersi se questa illuminazione sia effettivamente necessaria e, in caso lo sia veramente, se essa debba rimanere attiva per l’intera notte o si possa programmarne lo spegnimento dopo le 24:00 quando il numero di potenziali utenti si riduce drasticamente. Al di là degli aspetti di “costume”, che lasciamo al giudizio di altri, riteniamo infatti poco intelligente che l’ultimo modello di reggiseno o di perizoma siano illuminati per tutta la notte costituendo peraltro una fonte di distrazione per il traffico veicolare e quindi una violazione delle norme di sicurezza del codice della strada (art. 23) in orari che sono peraltro già critici per il numero e la gravità degli incidenti.

Valorizzazione del patrimonio architettonico
Anche per questo settore si possono applicare le considerazioni fatte per i casi precedenti. Si tratta in prevalenza di un tipo di illuminazione non strettamente indispensabile per la sicurezza del cittadino. Forse non è possibile rinunciarvi totalmente, ma sicuramente è il caso di fare un’analisi del rapporto costi/benefici e programmarne lo spegnimento negli orari in cui il numero dei potenziali fruitori si riduce dell’80%. Solo alcuni esempi tanto per essere concreti:

le quasi cento statue di Prato della Valle ciascuna delle quali è illuminata da un proiettore incassato nel terreno;
l’illuminazione con proiettori del Tempio della Pace, della Cappella degli Scrovegni e chissà di quante altre chiese e (per il tempio della pace uno dei proiettori è addirittura oscurato da una conifera e probabilmente funziona inutilmente da più di una decina d’anni);
le mura di Padova nel tratto Bassanello-Porta Savonarola, più di 80 proiettori per gran parte coperti dalle chiome dei tigli;
l’illuminazione ornamentale dei palazzi (Municipio, Palazzo del Bò ecc.);
l’illuminazione delle facciate dei padiglioni della Fiera;
monumento alle torri gemelle con decine di proiettori colorati sempre accesi;
Valorizzazione del verde pubblico
Grazie alla lungimiranza di madre natura le piante e gli arbusti non necessitano di luce artificiale e quindi si potrebbe convenientemente bloccare la proliferazione di apparecchi illuminanti incassati nel terreno nelle nuove realizzazioni del verde pubblico e, nel contempo, qualora non se ne potesse fare a meno, limitare l’uso di quelli già installati in violazione alla L.R. 22/97, nell’intervallo di tempo che va dall’imbrunire alle 24.00. Anche in questo caso solo alcuni esempi:

circa un centinaio di lampade incassate nel terreno a illuminare altrettanti alberelli nel parcheggio retrostante i nuovi padiglioni della fiera di Padova assolutamente inutili per la sicurezza del parcheggio;
fari a pavimento nell’Ospedale Vecchio;
i due enormi fari in golena Porte Contarine, forse scomparsi dopo l’avvento del memoriale Libeskind;
illuminazione scenica dei Giardini agli Eremitani e altri giardini della città, ecc.

Tutti questi aspetti della gestione possono essere controllati soltanto in presenza di norme che disciplinino l’uso dell’illuminazione, i cosiddetti regolamenti comunali dell’illuminazione pubblica per il risparmio e la riduzione dell’inquinamento luminoso. Questi regolamenti sono solitamente parte integrante dei piani dell’illuminazione e del regolamento edilizio comunale o quantomeno costituiscono un riferimento all’interno degli stessi ai quali, quindi, sia il “pubblico” sia il “privato” devono attenersi nelle loro realizzazioni.

La presenza di norme certe consentirà anche di evitare la realizzazione di impianti di scarsa qualità nell’ambito di nuove lottizzazioni da parte di soggetti privati. Questi impianti vengono infatti solitamente ceduti alle strutture comunali che devono poi sobbarcarsi oneri di gestione assolutamente insostenibili per tutta la vita tecnologica degli stessi impianti.

La necessità di adottare un regolamento comunale dell’illuminazione insieme ai provvedimenti per l’adeguamento degli impianti è stata sottolineata in più occasioni da Venetostellato, ma non ci risulta che l’attuale Amministrazione abbia voluto finora dare ascolto alle nostre istanze.

Eppure il vantaggio economico conseguibile attraverso l’eliminazione o la limitazione delle sole utenze non strettamente necessarie sarebbe ingente (si tratta probabilmente di alcune centinaia di kW) e richiederebbe un investimento iniziale trascurabile, diversamente da quanto accade per l’adeguamento tecnologico, nonostante questo si caratterizzi per un tempo di ritorno piuttosto breve.

La mancanza di norme certe consente invece di fare di tutto e di più. Ogni storia progettuale diventa quindi di fatto un’eccezione (come nel caso delle torri faro in costruzione a Padova Est, del memoriale delle Torri Gemelle, degli impianti della fiera di Padova, del Parco di San Giuliano a Mestre o del Ponte di Calatrava a Venezia) e chiunque si sente in grado di dare sfogo al proprio gusto estetico senza curarsi dei costi o dell’impatto ambientale, in termini di spreco energetico, delle proprie scelte.

La città diventa perciò oggetto di interventi a macchia di leopardo completamente privi di un assetto organico e di un’armonizzazione. Questa è la modalità con cui si è proceduto fino a oggi e questa sembra essere la modalità con la quale sembra si voglia continuare a procedere nel futuro. Ma questo modo di vedere lo sviluppo comporta un grosso rischio: quando in un territorio c’è un continuo passaggio da zone sovrailluminate a zone meno illuminate, chi si trovasse nella zona meno illuminata avrà sempre la sensazione di trovarsi al buio con evidenti ripercussioni sulla sensazione di sicurezza. Così ci saranno continue richieste dei cittadini per un aumento dell’illuminazione vanificando gli obiettivi delle amministrazioni che vedranno crescere esponenzialmente la quantità di luce nelle loro città (una tendenza, questa, che è già ampiamente documentata anche per la città di Padova), senza il corrispondente atteso miglioramento delle condizioni di sicurezza.

Un’ultima osservazione riguarda le potenze. Il prof. Fauri, durante la sua presentazione, ha chiaramente illustrato i vantaggi della sostituzione delle sorgenti luminose poco efficienti (incandescenza e mercurio) con quelle ad alta efficienza (sodio alta pressione). Tuttavia, ci risulta che negli interventi di manutenzione recenti vengano correntemente sostituite le lampade al mercurio con lampade al sodio di pari potenza. Questa ennesima disattenzione non porta ad alcun risparmio energetico, ma solo a un aumento ingiustificato dei livelli di illuminazione e dei fenomeni di riflessione verso l’alto da parte delle superfici stradali. Vi preghiamo quindi di verificare che le cose si svolgano effettivamente secondo le disposizioni del piano, altrimenti l’impegno economico non produrrà i risultati desiderati vanificando il lodevole sforzo dell’Amministrazione Comunale per un miglioramento della situazione. Cominciamo quindi dalle “piccole cose”, come ad esempio i 255.000 kWh/anno delle torri faro di Padova Est – ammesso che si possano considerare una piccola cosa rispetto al totale – e diamoci dentro con il buon senso.

Come vede caro Assessore, la Casa Padova è piena di finestre aperte e spifferi che qualcuno deve prima o poi trovare il coraggio di chiudere, e questo stato di fatto le offre una grossa opportunità. Infatti, con il risparmio che l’amministrazione può ottenere dall’eliminazione dei consumi “inutili” e dalla semplice razionalizzazione di quelli considerati irrinunciabili è possibile cominciare a finanziare quella serie di interventi per la riqualificazione tecnologica degli impianti realmente indispensabili per la comunità, da voi individuata e presentata al convegno. Il tutto senza dover chiedere al cittadino altro denaro per poter conseguire un risparmio che, per ora, è solo ipotetico. Buona fortuna quindi e un arrivederci a presto, sperando di poter trovare Padova ai primi posti della graduatoria di efficienza anziché “fanalino” di coda, magari in tempo per festeggiare Galileo Galilei con la dovuta dignità.

Distinti Saluti,

Venetostellato

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